Sulla guerra Usa-Israele contro l'Iran e le sue implicazioni
Segretariato della Lit-Quarta Internazionale
Una tregua imposta da Trump ha interrotto la guerra tra Stati Uniti e Israele contro l'Iran. È tempo di valutare la situazione creatasi e le sue implicazioni.
La tregua è stata imposta dopo che gli Stati Uniti hanno bombardato pesantemente gli impianti nucleari iraniani con 125 aerei, lanciando le bombe non atomiche più pesanti del mondo. In un attacco durissimo, preparato con largo anticipo, Israele ha assassinato una parte importante della direzione militare iraniana, ha effettuato pesanti attacchi aerei quotidiani contro gli impianti nucleari, ha distrutto gran parte della difesa antiaerea iraniana e parte dei suoi missili difensivi e offensivi, oltre ad attaccare le grandi città, demolendo case, infrastrutture e ospedali.
L'Iran ha risposto lanciando circa 650 missili su Israele, che hanno colpito per la prima volta il suo territorio in diverse città, senza causare perdite militari significative, ma rompendo parzialmente la difesa antiaerea sionista. È stata la seconda volta (la prima il 7 ottobre con l'attacco di Hamas) che le difese «impenetrabili» di Israele sono state sconfitte in questo periodo.
Un'offensiva imperialista-sionista da cui l'Iran non esce sconfitto
La tregua è stata imposta in una situazione di offensiva imperialista-sionista e difensiva dell'Iran. L'imperialismo statunitense e il governo israeliano si sono rafforzati con un attacco brutale, poche perdite e una tregua che ha evitato che le conseguenze politiche dell'usura di una guerra più lunga colpissero Trump e Netanyahu.
L'imperialismo europeo ha sostenuto in generale l'attacco statunitense all'Iran o, al massimo, si è limitato a proporre soluzioni diplomatiche.
Ma l'Iran non esce sconfitto da questa guerra. Né gli Stati Uniti né Israele sono riusciti a imporre i loro due obiettivi: porre fine al potenziale nucleare iraniano e rovesciare il regime degli ayatollah. E con i suoi missili l'Iran è riuscito a raggiungere il territorio israeliano in modo molto più intenso rispetto agli attacchi dell'aprile 2024.
Il conflitto non è affatto risolto. Potrebbero esserci nuovi attacchi o la ripresa dei negoziati tra Stati Uniti e Iran, nel quadro degli accordi di Abraham e delle relazioni economiche e politiche dei Paesi arabi con Israele e un nuovo piano per Gaza. Resta da vedere in che misura l'Iran riuscirà a riarmarsi. Si tratta di un processo complesso, con un'evoluzione ancora aperta.
Ma si può già affermare che questa guerra ha esacerbato la polarizzazione economica, politica e militare esistente nel mondo, amplierà la crisi dell'ordine mondiale e tenderà a radicalizzare la lotta di classe.
L'attacco di Israele all'Iran è una continuazione della sua offensiva contro Gaza
Netanyahu ha rotto l'accordo di tregua a Gaza lo scorso marzo, ha rioccupato i corridoi di Filadelfia e Netzarim e ha portato avanti il piano di sterminio ed espulsione dei palestinesi da Gaza, distruggendo una casa dopo l’altra e decretando l'evacuazione di intere regioni, come nel nord.
Finora non ci sono segni che si possa concretizzare il piano di espulsione dei palestinesi da Gaza annunciato da Trump, a causa della grande indignazione a livello internazionale e nei Paesi della regione. Ma è possibile che Netanyahu tenti di insediare colonie sioniste all'interno del territorio di Gaza.
Parallelamente, si sta sviluppando il più grande attacco alla Cisgiordania degli ultimi decenni, con l'espulsione di 40.000 palestinesi, l'occupazione e la distruzione dei campi profughi tradizionali: tutto ciò fa parte di un piano per annettere l’intera regione a Israele.
Il genocidio israeliano ha riguardato almeno 60.000 palestinesi (alcune stime parlano di 100.000), ha distrutto quasi tutte le infrastrutture e oltre il 90% delle abitazioni. Ora Israele usa la fame come arma di guerra, con la distribuzione sotto il suo controllo militare di cibo all'interno di Gaza. Circa 600 palestinesi sono morti nelle file per la distribuzione del cibo, uccisi dai soldati israeliani.
Nonostante ciò, Israele non può dichiararsi vincitore. Non è riuscito a sconfiggere Hamas né a salvare gli ostaggi ed è coinvolto in una guerra estenuante senza fine. Hamas non solo resiste, ma ha anche reclutato nuovi militanti.
L'offensiva israeliana ha provocato un isolamento internazionale senza precedenti del sionismo. Mai nella storia c'è stata una presa di distanza di tali dimensioni da Israele nel mondo. Sono parti contraddittorie della stessa totalità: l'offensiva genocida israeliana e il suo isolamento dalle masse nel mondo.
Il sionismo ha ottenuto una vittoria militare contro Hezbollah, uccidendo Nasrallah e gran parte dei suoi dirigenti, oltre a distruggere tra il 70 e l'80% del suo arsenale. Dopo questo, un nuovo governo libanese, allineato con l'imperialismo statunitense, sta ricostruendo lo Stato, imponendo il proprio controllo sul Paese e riducendo il peso di Hezbollah. Questa organizzazione, pur mantenendo la sua base politica, si sta trasformando in un partito di regime, più adatto alle elezioni e meno strutturata militarmente. Dall'attacco israeliano, non ci sono stati praticamente altri attacchi significativi di Hezbollah contro Israele, il che è risultato ancora più evidente durante la guerra di Israele e degli Stati Uniti contro l'Iran. Hezbollah semplicemente non ha reagito militarmente all'attacco dell'imperialismo contro l'Iran.
Il rovesciamento di Assad in Siria è stata una vittoria del movimento di massa contro una dittatura odiata e complice di Israele. Tuttavia, l'evoluzione di questi processi è fortemente condizionata dalla loro direzione. Il governo di Al-Sharaa cerca di ricostruire lo Stato siriano, ricomponendo un regime bonapartista in alleanza con l'imperialismo statunitense e le potenze regionali come la Turchia e l'Arabia Saudita, senza affrontare Israele.
Sebbene il processo siriano abbia il potenziale per stimolare nuovi processi di lotta nella regione, la caduta di Assad ha indebolito il sostegno all'Iran nella regione. Questo indebolimento del cosiddetto «Asse della resistenza», insieme alla crisi politica interna in Israele causata dall'usura di un anno e nove mesi di guerra continua, sono stati le basi per l'attacco di Israele all'Iran.
La situazione interna di Israele e il suo rapporto con l'attacco
Israele è un'enclave dell'imperialismo, una potenza nucleare finanziata e armata dagli Stati Uniti. Ma sta vivendo importanti processi di trasformazione.
Come risultato dei suoi continui scontri militari, c'è un esodo di settori della classe media liberale e un'immigrazione di coloni - per lo più di ideologia di estrema destra o direttamente fascista - che occupano le colonie della Cisgiordania. Ciò provoca un ampliamento e una radicalizzazione della sua base a sostegno del genocidio sionista.
D'altra parte, c'è un'importante crisi politica interna causata dalla stanchezza dopo quasi due anni di guerra a Gaza, dalle accuse di corruzione contro Netanyahu.
Ci sono state importanti mobilitazioni di massa contro Netanyahu da parte di un settore scontento per il proseguimento della guerra e la mancata restituzione degli ostaggi. Ciò ha portato a una polarizzazione politica contro l'altro settore di massa di estrema destra, base di Netanyahu, che sostiene la continuazione della guerra a qualsiasi prezzo.
Il governo di estrema destra si mantiene in piedi nonostante numerose crisi interne. Una di queste riguarda i religiosi ultraortodossi che sono esentati dal servizio militare obbligatorio, in una società militarizzata e sempre in guerra come quella israeliana. Ciò è stato messo in discussione dagli organi di giustizia, ma i partiti che li rappresentano minacciano, qualora questo privilegio venisse messo in discussione, di abbandonare il governo Netanyahu, il che potrebbe anche portare alla sua caduta. Il suo prestigio elettorale era già ai minimi storici prima della guerra contro l'Iran. L'attacco all'Iran è stato un passo avanti per sfuggire alla crisi interna, e ci è riuscito.
Netanyahu ha goduto del sostegno popolare, anche di una parte importante della popolazione israeliana che ha vissuto in bunker per più di una settimana. Questo prestigio è stato amplificato dall’attacco statunitense. I sondaggi indicano che l'83% della popolazione ha approvato gli attacchi.
Ciò si spiega con il carattere di enclave del Paese, costruito sullo sfruttamento e l'oppressione dei palestinesi. Inoltre, il popolo israeliano è stato convinto per decenni della «minaccia nucleare dell'Iran». Così la propaganda della «distruzione del potenziale nucleare dell'Iran» diffusa da Netanyahu ha ottenuto un enorme sostegno. Il risultato è un rafforzamento politico e militare di Netanyahu, che ha recuperato, anche se solo temporaneamente, la sua popolarità.
La controrivoluzione permanente sionista
L'altro motivo dell'attacco all'Iran è il progetto della Grande Israele, che mira ad ampliare i propri confini e a consolidare un controllo militare imperialista più ampio in Medio Oriente.
Israele non aveva mai lanciato un attacco simile contro l'Iran. Riprende così, in misura maggiore, il suo ruolo di enclave e gendarme imperialista in Medio Oriente, rafforzando la sua presenza in Libano, Siria e Gaza e minacciando con la sua potenza aerea tutto il Medio Oriente. Questo progetto può essere realizzato o meno nel mezzo della crisi dell'ordine mondiale e della situazione convulsa della regione.
La logica di Netanyahu è quella di una controrivoluzione permanente, una guerra continua per cercare di stabilire un'egemonia militare regionale che non si traduce in una stabilizzazione della regione. Non riesce a sconfiggere i suoi nemici, amplia la polarizzazione sociale e politica, aumenta il potenziale di una nuova primavera araba e tende a generare sempre più logoramento interno in Israele.
Ancora una volta, esiste un'enorme contraddizione tra l'aumento del peso militare di Israele e l'ampliamento delle contraddizioni politiche interne e in tutta la regione.
Ora Netanyahu concentra nuovamente la sua offensiva su Gaza, con la continuazione del genocidio. Ciò genererà ancora una volta un ampliamento del suo logoramento internazionale e delle mobilitazioni pro Palestina nel mondo, anche se esiste la possibilità di riprendere i negoziati con l'Arabia Saudita per raggiungere un accordo su Gaza.
La dittatura iraniana
Il regime iraniano è una dittatura borghese sotto forma di regime teocratico. In Iran, una rivoluzione nel 1979 ha rovesciato la monarchia dello scià Mohamed Reza Pahlevi, alleato diretto dell'imperialismo statunitense.
Con la complicità e il tradimento del Partito Comunista Iraniano (il Tudeh), che aveva un peso nella classe operaia, gli ayatollah sciiti, espressione di una borghesia locale, riuscirono a distruggere gli organismi di doppio potere e a sconfiggere la rivoluzione.
Da allora, questa borghesia è cresciuta grazie al controllo dell'apparato statale e ha instaurato una dittatura borghese reprimendo duramente gli scioperi e la lotta delle donne, duramente oppresse dalla teocrazia islamica.
Le donne sono state in prima linea nel processo di lotta contro la dittatura teocratica, in un movimento che si è esteso alle lotte sociali del Paese, negli scioperi delle insegnanti, nelle mobilitazioni curde e nelle proteste giovanili urbane. Lo slogan «Donna, Vita, Libertà» è apparso con enorme forza nelle strade dell'Iran nel 2022.
La dittatura iraniana utilizza forze come la Guardia Rivoluzionaria e milizie come la Basij (una forza paramilitare direttamente collegata alla Guardia Rivoluzionaria) per reprimere le manifestazioni di piazza, gli scioperi e la lotta delle donne.
A livello regionale, il regime degli ayatollah ha mantenuto una relativa indipendenza dall'imperialismo statunitense sin dalla sua nascita, ma in seguito ha fatto appello all'imperialismo russo e cinese.
È il centro del cosiddetto «Asse della resistenza» contro il dominio israeliano, che comprendeva Hezbollah, le milizie sciite in Iraq, il regime di Assad e gli Houthi dello Yemen, ma non si è scontrato con Israele durante tutto il genocidio di Gaza, reagendo solo agli attacchi contro l'Iran.
Il regime teocratico iraniano ha svolto un ruolo direttamente controrivoluzionario sostenendo il governo di Assad durante la rivolta delle masse contro la dittatura siriana.
Nonostante l'usura interna del regime iraniano, come conseguenza della crisi economica, della povertà delle masse e dell'oppressione delle donne, l'attacco degli Stati Uniti e di Israele ha provocato, apparentemente, una reazione di unità nazionale, anche se il regime ha approfittato della guerra per incarcerare 700 attivisti dell'opposizione che non erano filo-imperialisti. Tuttavia, ci sembra che prevalga il sentimento di unità nazionale contro l'aggressione militare subita.
Nonostante sia indebolito dagli attacchi, l'Iran mantiene la sua potenzialità nucleare e esce da questa guerra con un regime rafforzato dall'aver affrontato nemici molto più potenti in termini militari senza arrendersi e dall'aver raggiunto il territorio israeliano con i suoi missili.
Siamo nel campo militare dell'Iran, indipendenti dalla dittatura degli ayatollah
In tempo di guerra siamo nel campo militare dell'Iran e difendiamo la sconfitta dell'attacco sionista-imperialista, senza dare il minimo sostegno politico alla dittatura borghese degli ayatollah che opprime le masse lavoratrici, reprime brutalmente le donne e i giovani e utilizza lo scontro con l'imperialismo per giustificare la propria dittatura interna. Difendiamo la più completa indipendenza politica dal regime iraniano.
Rifiutiamo la falsa alternativa tra imperialismo e teocrazia iraniana dello stalinismo e il suo «campismo» politico.
L'argomento a lungo utilizzato dalla propaganda imperialista per l'attacco secondo cui «l'Iran non può avere armi nucleari» è un'espressione cinica dell'arroganza imperialista. Gli Stati Uniti, il Paese imperialista che possiede il maggior numero di armi nucleari, alleati con Israele (un'altra potenza nucleare), pretendono l'esclusività del loro potere di distruzione.
Siamo contro tutte le armi nucleari perché hanno il potere di rendere il pianeta inabitabile e di distruggere l'umanità. Ancor più nell'attuale situazione di crisi ambientale. E non vogliamo che queste armi siano nelle mani dei governi borghesi, il che significa sotto il controllo della borghesia mondiale. Ma allo stesso tempo, la difesa del carattere esclusivo del possesso di armi nucleari è una brutale espressione di imposizione imperialista. Difendiamo il diritto dell'Iran a difendersi, possedendo anche armi nucleari.
Difendiamo la più ampia libertà per i sindacati e per le organizzazioni operaie in Iran per lottare contro l'aggressione imperialista, e contro la dittatura.
La lotta contro l'aggressione israelo-statunitense deve servire a promuovere l'organizzazione indipendente della classe operaia iraniana, palestinese, libanese e mondiale, come parte di una strategia di rivoluzione permanente e di rottura con tutti i progetti capitalisti e fondamentalisti.
Il ruolo di Trump
L'imperialismo statunitense continua ad essere egemonico, ma Trump riconosce il suo attuale declino e si muove nel mezzo della crisi dell'ordine mondiale per riportare l'egemonia statunitense ai livelli precedenti. Mette in campo azioni che riducano la presenza e le spese militari statunitensi dove non gli interessa, al fine, allo stesso tempo, di consolidare l’egemonia.
Trump ha cercato un accordo con Putin per porre fine alla guerra in Ucraina, imponendo un accordo coloniale a Zelensky e lasciando all'imperialismo europeo i costi del sostegno militare all'Ucraina. Finora questa manovra non ha funzionato perché la guerra in Ucraina continua. Nella guerra contro l'Iran, invece, è stato diverso. Trump e Netanyahu hanno operato insieme.
L'imperialismo statunitense e il governo israeliano hanno agito sempre come un fronte unico. Ciò non significa che non esistano differenze politiche e interessi divergenti tra questi due governi di estrema destra, come ha dimostrato il recente viaggio di Trump in Medio Oriente, con la sospensione delle sanzioni al nuovo governo siriano e l'accordo con gli Houthi.
Ma in quella guerra hanno agito all’unisono, dal piano di attacco di Israele, elaborato con largo anticipo insieme all'intelligence statunitense, al momento dell'attacco, dalle strutture di difesa israeliane alla fornitura di armi fino al sostegno politico.
C'è stato un primo momento diplomatico, in cui Trump ha cercato di imporre all'Iran un accordo che ne impedisse lo sviluppo sul terreno nucleare. Di fronte allo stallo dei negoziati, ha contribuito a preparare e sostenere il brutale attacco di Israele e, di fronte alla resistenza iraniana, ha raddoppiato la posta militare con un attacco diretto degli Stati Uniti, ancora più brutale di quello israeliano.
Nonostante la sua superiorità militare, Trump non ha voluto proseguire la guerra, per diversi motivi. In primo luogo, per le gravi conseguenze politiche che ciò avrebbe comportato, con mobilitazioni in tutto il mondo. Trump ha già affrontato internamente due gigantesche mobilitazioni contro di lui: il 5 aprile e le manifestazioni No Kings di giugno. C'è una crescente crisi politica nel Paese a causa degli attacchi agli immigrati, che può combinarsi con le mobilitazioni pro Palestina.
Oltre a ciò, c'è la crisi nella base repubblicana, a causa della contraddizione con il piano «America First» e con il suo impegno a non coinvolgere gli Stati Uniti in nuove guerre. C'era anche la preoccupazione di proteggere Israele in una situazione che si preannunciava più complicata se la guerra fosse continuata.
Sembra quindi che il piano di Trump sia quello di fare di Israele, più che mai, il suo rappresentante politico e militare nella regione, senza implicazioni militari dirette degli Stati Uniti, il che sarebbe in linea con il piano espansionistico di Netanyahu in Medio Oriente. Ciò non modifica la strategia e l'egemonia imperialista statunitense nella regione né la sua presenza militare, ma darebbe al sionismo un ruolo più importante.
In questa fase in cui si è rafforzato, Trump è riuscito a imporre al vertice della Nato l'aumento del bilancio militare, con la quasi totale accettazione dell'imperialismo europeo.
L'inerzia dell'imperialismo russo e cinese
La guerra degli Stati Uniti e di Israele contro l'Iran ha anche mostrato come si muovono gli imperialismi cinese e russo.
È un fatto ampiamente noto che la Cina è il principale partner economico dell'Iran dal 2007, essendo il suo più importante acquirente di petrolio e aiutando il Paese a sfuggire al blocco economico imposto dall'imperialismo statunitense.
È anche noto che l'imperialismo russo è il principale fornitore di armi all'Iran e che l'Iran ha aiutato l'imperialismo russo nell'invasione dell'Ucraina con la fornitura massiccia di droni fino a quando la Russia non ha iniziato a produrli.
Per questo motivo, in settori della sinistra c'erano aspettative che la Cina e la Russia avrebbero sostenuto l'Iran. Tuttavia, il carattere imperialista di questi Paesi e le loro caratteristiche specifiche nell'attuale fase della crisi dell'ordine mondiale hanno portato alla passività di entrambe. Sia la Russia che la Cina si sono limitate a condannare diplomaticamente Israele, senza muoversi concretamente a sostegno dell'Iran.
La Cina è un imperialismo emergente, con ampi interessi in Medio Oriente. Non solo è il principale partner commerciale dell'Iran, ma anche di Israele, con uno scambio commerciale molto superiore persino a quello degli Stati Uniti. È anche il principale partner commerciale dell'Arabia Saudita e di diversi altri Paesi della regione. Il suo interesse è la stabilità della regione, cioè la stabilità controrivoluzionaria. L'imperialismo cinese non ha fatto nulla di concreto in relazione alla Palestina, nulla di concreto in relazione all'Iran.
Putin è concentrato sulla sua guerra in Ucraina. Non ha alcun interesse né le condizioni per essere coinvolto in un altro conflitto in Medio Oriente. Ciò era già emerso con la sua inazione di fronte alla caduta di Assad in Siria. E ora è diventato ancora più chiaro con il suo assistere al bombardamento statunitense contro l'Iran senza alcuna reazione. Putin non solo privilegia la sua guerra contro l'Ucraina, ma anche le sue relazioni con Trump per vincere quella guerra. Come ha detto un attivista: «Putin ha scambiato l'Iran con l'Ucraina».
La Russia e la Cina condividono la stessa posizione di altri Paesi imperialisti nell'opporsi allo sviluppo di armi nucleari da parte dell'Iran. Dopo l'aggressione militare statunitense e israeliana, Putin sta facendo pressione sull'Iran affinché non abbandoni l'Agenzia internazionale per l'energia atomica e si impegni a non sviluppare armi nucleari.
La crisi dell'ordine mondiale con l'avanzata dell'imperialismo cinese e russo sta attraversando processi sempre più convulsi. E siamo davanti ancora alle prime fasi di configurazione di un nuovo ordine mondiale. Entrambi questi imperialismi difendono i propri interessi politici ed economici in tutto il mondo, ma hanno aree prioritarie di conflitto militare, la Russia in Ucraina (e in alcune parti dell'Africa) e la Cina a Taiwan.
La guerra polarizza ancora di più la lotta di classe a livello internazionale
È quasi certo che, anche con la tregua, l'attuale polarizzazione della lotta di classe a livello mondiale aumenterà e genererà un inasprimento della lotta di classe.
Vediamo le dinamiche in Medio Oriente. Le informazioni più indipendenti - e gli stessi servizi segreti statunitensi - smentiscono le affermazioni di Trump secondo cui sarebbe stato «distrutto il potenziale nucleare dell'Iran». La realtà non è nemmeno quella diffusa inizialmente dal regime iraniano, secondo cui non ci sarebbero stati praticamente danni. Secondo le informazioni indipendenti più affidabili, il programma nucleare iraniano è stato danneggiato, ma non distrutto.
L'altro obiettivo, rovesciare il regime, non è stato realizzato. Al contrario, l'effetto ottenuto è stato quello di favorire un sentimento di unità nazionale a difesa del regime degli ayatollah, a causa dell'aggressione imperialista. La tregua permette all'Iran di vantare un pareggio che, di fronte alla superiorità militare statunitense e israeliana, è un risultato importante.
Israele non è riuscito a sconfiggere Hamas né a salvare gli ostaggi a Gaza. Tantomeno ha imposto i suoi obiettivi all'Iran. La sua offensiva militare e il genocidio a Gaza hanno generato nel mondo un’ostilità nei confronti del sionismo senza precedenti nella storia. Un interessante sondaggio sull'argomento lo indica chiaramente.
Un esempio indiretto di ciò è la vittoria di Zohran Mamdani, un immigrato filopalestinese, alle primarie del Partito democratico per le elezioni a New York contro il candidato Mario Cuomo, dell'establishment di quel partito. Questo non è mai successo negli Stati Uniti, tanto meno in una città importante come New York.
Le mobilitazioni filopalestinesi hanno ripreso vigore nelle ultime settimane, con il ritorno delle manifestazioni di massa in diversi Paesi europei. A questo vanno aggiunti gli effetti scatenati dal sequestro e dagli arresti della Freedom Flottilla e dalla repressione della Marcia Globale per Gaza, alla quale hanno partecipato in modo significativo i militanti Fabio Bosco e Herbert Claros del Pstu e della Lit-Quarta Internazionale. Non appena è stata diffusa la notizia di questi attacchi, sono state promosse manifestazioni di solidarietà in tutto il mondo. La tregua ha frenato queste mobilitazioni, ma non si attenua la tendenza ad ampliare le mobilitazioni antisioniste, polarizzando ancora di più la situazione mondiale.
È possibile sconfiggere l'imperialismo e il sionismo
È possibile sconfiggere l'alleanza dell'imperialismo con il sionismo genocida di Israele unendo la Resistenza militare in Palestina e in Iran con le mobilitazioni in tutto il mondo. La superiorità militare imperialista ha già dimostrato in altre occasioni di poter essere sconfitta, come in Vietnam, Iraq e Afghanistan.
Le mobilitazioni filo-palestinesi negli Stati Uniti e nei Paesi imperialisti possono combinarsi con l'acuirsi delle questioni interne (come la lotta in difesa degli immigrati negli Stati Uniti) e svolgere un ruolo centrale in questo processo.
L'odio delle masse arabe contro Israele può volgersi contro i regimi che sostengono gli Stati Uniti e Israele, come l'Egitto, la Giordania e l'Arabia Saudita, in una nuova Primavera Araba. Solo così l'enorme sostegno politico delle masse arabe ai palestinesi potrà trasformarsi in un sostegno militare efficace alla lotta di Gaza, in un fronte unico delle masse di questi Paesi contro il genocidio sionista.
L'enorme rabbia accumulata in Cisgiordania e nei territori occupati dal 1948 può generare una terza intifada che scuota i territori palestinesi unendosi alla lotta di Gaza.
Per la sconfitta dell'imperialismo statunitense e di Israele!
Per la vittoria dell'Iran contro l'attacco statunitense e sionista!
Per la vittoria della Palestina contro il genocidio sionista! Per la sconfitta di Israele!
Boicottaggio e rottura delle relazioni economiche e politiche con Israele!
Per una nuova primavera araba, che abbatta i regimi della regione sottomessi all'imperialismo, come l'Egitto e la Giordania, e renda possibile il sostegno militare alla resistenza palestinese!
Nessuna fiducia politica nel regime degli ayatollah! Tutto il nostro sostegno alle lotte dei lavoratori e delle donne contro la dittatura borghese iraniana! In difesa delle libertà democratiche all'interno dell'Iran!
Per l'unità delle lotte di liberazione nazionale di Palestina, Ucraina e Iran contro i sionisti e gli imperialisti!
Per la distruzione dello Stato di Israele! Palestina libera, dal fiume al mare!
30/6/2025