Partito di Alternativa Comunista

Pride e lotta contro l’omobitransfobia: abbattiamo il capitalismo!

Pride e lotta contro l’omobitransfobia:

abbattiamo il capitalismo!

 

 

Commissione Lavoro Donne - Pdac

 

 

Giugno è il mese del Pride, manifestazione aperta a tutti che esprime l’orgoglio delle persone lgbt+. Trae origine dai moti di Stonewall, scoppiati a New York nel 1969, nel corso dei quali gli omosessuali si ribellarono contro le discriminazioni: proprio in nome di questa origine rappresenta ancora oggi il momento più alto delle rivendicazioni per i diritti e per l’accettazione sociale della comunità lgbt+.

 

Il Pride di Budapest

Sabato 28 giugno decine di migliaia di persone hanno preso parte al Pride di Budapest nonostante i molteplici tentativi di vietarlo da parte del primo ministro ungherese Viktor Orbán e l’organizzazione di una contro-manifestazione da parte dell’estrema destra nazionale. Alla marcia, sostenuta da 33 Paesi (principalmente membri dell’Unione europea) e anche dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, hanno partecipato circa 70 eurodeputati, oltre ad ambasciate, organizzazioni internazionali e parlamentari di altri Stati inclusa l’Italia.
I media borghesi hanno enfatizzato molto la presenza di questa rappresentanza politica suggerendo che il successo della manifestazione sarebbe legato al supporto che una certa «sinistra» (borghese), paladina degli oppressi e sostenitrice dei diritti, avrebbe offerto al movimento schierandosi frontalmente contro l’avanzata dell’estrema destra, conservatrice e reazionaria.
Certamente in Ungheria, come in Italia e in tutti i Paesi in cui la destra è al governo, non si perde occasione per attaccare le persone lgbt+ e numerose sono le espressioni della natura reazionaria, omofoba e transfobica di questi governi. Ma non possiamo dimenticare l’operato dei governi cosiddetti progressisti che hanno difeso le persone lgbt+ solo a parole, senza attuare politiche concrete in loro difesa. Tra i politici italiani in piazza a Budapest c’erano Elly Schlein, segretaria del Pd, la senatrice Maiorino del M5S, Carlo Calenda di Azione: i governi a cui hanno partecipato queste forze politiche non hanno fatto nessun investimento serio per contrastare, ad esempio, la violenza che le persone trans, gay e bisessuali sono costrette a subire quotidianamente; non hanno attuato alcun piano di intervento per affrontare l'omobitransfobia nei luoghi di lavoro o nelle scuole. Lo stesso insipido disegno di legge Zan - mai approvato - è servito al Partito democratico solo per cercare di giustificare agli occhi dei suoi elettori la sua partecipazione al governo reazionario di Draghi in alleanza con la Lega di Salvini.
La mancanza di interesse e di misure concrete per combattere la violenza contro la comunità lgbt+ da parte di qualsiasi schieramento politico borghese non è un caso: l’omofobia si configura tra i mezzi utilizzati dal sistema capitalista per mantenere la classe divisa e aumentarne lo sfruttamento mediante l’oppressione in tutte le sue componenti. A qualsiasi latitudine o longitudine, le persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali, soprattutto povere e proletarie, sono soggette ad oppressione e pregiudizio, sottoposte a violenza quotidiana e/o discriminazione nel mondo del lavoro, con salari bassi e senza misure pratiche per garantire la dignità delle loro vite.
In 69 Paesi del mondo vigono ancora leggi che criminalizzano l'omosessualità. Secondo l'Associazione internazionale di lesbiche, gay, bisessuali, trans e intersessuali (Ilga), la pena di morte è ancora in vigore per gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso in 6 Paesi, mentre in altri 5 viene imposta arbitrariamente. In 42 Paesi esistono barriere legali alla libertà di espressione su questioni legate alla diversità sessuale e di genere, e solo 28 Paesi consentono l'adozione da parte di coppie omosessuali.

 

Abbattere il capitalismo!

Il capitalismo è un sistema economico e sociale basato fondamentalmente sullo sfruttamento del lavoro salariato da parte di una minoranza che possiede i mezzi di produzione. Il capitalismo ha ereditato alcune forme di oppressione dai sistemi precedenti e le ha trasformate, mettendole al proprio servizio perché sono fondamentali per sostenerlo: maschilismo, razzismo, xenofobia, omobitransfobia, tra le altre. L'oppressione svolge diverse funzioni all'interno del sistema capitalista: la più importante è sicuramente quella di dividere la classe operaia per impedirle di combattere unita, creando diverse contrapposizioni (ad esempio lavoratori indigeni e lavoratori migranti). Un'altra funzione è quella di mantenere gli oppressi nell'esercito di riserva (con una disoccupazione più elevata, i primi ad essere licenziati e con salari più bassi): sulla base di pregiudizi nei loro confronti, si giustifica che guadagnino meno e che siano relegati ai lavori peggiori o addirittura quasi totalmente emarginati dal mondo del lavoro come le donne trans.
Però proprio come l'oppressione maschilista, l'oppressione delle persone lgbt+ non è sempre esistita nella storia dell’umanità. La sua comparsa è strettamente legata a quella della proprietà privata, allo sviluppo storico della famiglia monogama e dei ruoli binari di genere come li conosciamo oggi, determinati dalla necessità di garantire la paternità dei propri eredi e alla prole la trasmissione dell'eredità (prodotto dell'appropriazione del surplus produttivo). E così come non è sempre esistita, può essere eliminata, insieme alle altre forme di oppressione. Ma per riuscirci è necessario abbattere le basi materiali su cui si fondano queste oppressioni, abbattendo il capitalismo.
La Rivoluzione russa ha garantito alle donne e alle persone lgbt+ ciò che nessun governo borghese è stato in grado di dare (e all’inizio del Novecento!). Nel 1918 venne depenalizzata l’omosessualità, secondo un’idea ben descritta dal testo La rivoluzione sessuale in Russia del dottor Grigory Baktis (Direttore dell’Istituto di igiene sessuale di Mosca), pubblicato solo nel 1925: «La legislazione non interviene in alcuna relazione sessuale tra due individui adulti che non sia forzata e che sia libera da pressioni. [...] La questione della moralità pubblica è quindi irrilevante per la legislazione. [...] Mentre la legislazione europea definisce tutto questo [l’omosessualità, nda] come una violazione della moralità pubblica, la legislazione sovietica non fa alcuna differenza tra l’omosessualità e il cosiddetto rapporto “naturale”. Tutte le forme di rapporto vennero trattate come una questione personale. Il procedimento penale viene attivato solo in casi di violenza, abuso o violazione degli interessi altrui». Il matrimonio tra persone dello stesso sesso era legale, anche se non è noto quanto fosse diffuso poiché sono state condotte ricerche limitate, ma almeno un caso giudiziario ne ha stabilito la legalità. Nel 1926 divenne legale cambiare il proprio sesso sui passaporti. Le persone intersessuali e trans ricevevano cure mediche e non erano demonizzate. La ricerca su questi temi era finanziata dallo Stato e venne concesso il permesso per eseguire interventi di riassegnazione di genere su richiesta del paziente.

 

Oppressi e sfruttati uniti!

Purtroppo, il declino della rivoluzione, da un lato, e l'ascesa della controrivoluzione stalinista, dall'altro, significarono anche un declino delle libertà democratiche. Gli omosessuali cominciarono a essere perseguitati e repressi e la diversità sessuale cominciò a essere considerata contraria alla morale rivoluzionaria e all'ideologia borghese. Ecco perché molte persone associano il comunismo o il marxismo all'omofobia.
Riteniamo invece che sia essenziale recuperare la tradizione marxista e rivoluzionaria delle libertà democratiche, combattendo i pregiudizi all'interno della nostra classe e prendendo le mosse dalla lotta contro l'oppressione delle persone lgbt+.  La lotta contro i pregiudizi e le discriminazioni si colloca da un lato ben preciso: quello degli oppressi e degli sfruttati. Chi più subisce la violenza e la discriminazione sono i settori poveri, le operaie e gli operai lgbt+ (spesso costretti a nascondere i loro gusti sessuali per non perdere il lavoro), i giovani disoccupati e gli studenti, che, non riuscendo a pagare l’affitto, devono spesso vivere in famiglie ostili e omobitransfobiche. La battaglia contro l’omobitransfobia è una battaglia di classe.
La conquista di diritti civili mai è passata per riforme di legge dei governi borghesi. Chi professa questo, vuole solo illuderci che si possa in qualche modo limare qua e là il sistema e renderlo accettabile, senza estirparlo effettivamente. Questa idea è coerente con una visione politica che vede nella realizzazione individuale il mezzo unico di lotta contro le oppressioni.
Non basta una legge in cui si dice che lo Stato si impegna per questo o quell’obiettivo: sappiamo bene che le leggi nello Stato borghese restano carta straccia (pensiamo alla stessa Costituzione italiana) se non vengono accompagnate da politiche di supporto materiale ai soggetti oppressi. Tutto questo non avverrà mai nel capitalismo.
Per raggiungere la liberazione collettiva, le persone lgbt+ devono essere unite e marciare insieme agli altri oppressi e sfruttati, per rovesciare l'intero sistema capitalista e costruire una società socialista.

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