Partito di Alternativa Comunista

Pieno appoggio alla lotta del popolo cubano!

Pieno appoggio alla lotta del popolo cubano!

 

 

 

 

 

 

Dichiarazione del segretariato internazionale della Lit-Quarta Internazionale

 

 

 

 

Cuba è stata scossa questa domenica da un'ondata di proteste popolari. Nelle strade dell'Avana e di altre venti città si è espressa la rabbia sociale. Fame, disoccupazione, carestie, incapacità del sistema sanitario di combattere la pandemia e, come se non bastasse, la repulsione verso la dittatura di un'oligarchia concentrata nei vertici del Partito comunista di Cuba – il Pcc, l'unico consentito nel Paese - e nelle forze armate: alla base delle manifestazioni c’è tutto questo.
Il presidente cubano e leader massimo del Pcc, Miguel Díaz-Canel, ha condannato le proteste usando la solita litania di definire tutte le legittime proteste del popolo come atti destabilizzanti, orchestrati e finanziati dagli Stati Uniti e da altri agenti controrivoluzionari: «Non permetteremo che nessun controrivoluzionario, nessun mercenario, nessun venduto al governo degli Stati Uniti, nessun venduto all'impero, né chi ha ricevuto denaro dagli agenti, lasciandosi manipolare da tutte le strategie di sovversione ideologica, provi a destabilizzare il nostro Paese». Ha assicurato che nel suo governo sono «pronti a tutto e saremo in strada a combattere» e ha invitato i suoi seguaci più fedeli a «scontrarsi» con coloro che sono insoddisfatti dell'ordine costituito. Il successore dei Castro, infine, ha sentenziato: «L'ordine di combattimento è lanciato: in piazza i rivoluzionari».
La giornata si è conclusa con centinaia di prigionieri e altrettanti feriti. È difficile sapere fino a che punto le proteste stiano continuando, principalmente a causa della censura e delle restrizioni all'uso di Internet imposte dalla dittatura cubana. D'altra parte, nemmeno le notizie propagandate dai gusanos («vermi») di Miami (i capitalisti cubani esuli a Miami, ndt) non sono affidabili.
Non possiamo ancora stabilire con chiarezza quale sarà la dinamica del processo. Ma è innegabile che ci troviamo di fronte a una situazione nuova. In ogni caso, quanto accaduto a partire dall'11 luglio è in relazione con altri importanti focolai di lotta, anche se più piccoli e localizzati, che già si stavano verificando, come le mobilitazioni di artisti e intellettuali del 27 novembre 2020 e i tentativi di organizzare, in modo indipendente dal governo cubano, la marcia dell'orgoglio Lgbti+.
Per trovare un evento simile a quello dell'11 luglio è necessario risalire al 1994, quando avvenne il maleconazo all'Avana, nel pieno del «periodo speciale» (un periodo di crisi economica che iniziò nel 1991 principalmente a causa del crollo dell'Unione Sovietica, ndt). Ma quella manifestazione, per quanto significativa, era limitata a poche centinaia di persone e alla capitale. La presenza di Fidel Castro e l'efficace repressione di un «gruppo di pronto intervento» furono sufficienti per disperdere la protesta, ancor prima che molte province interne ne venissero a conoscenza. Ora la situazione appare differente. Le proteste sono avvenute da un capo all'altro dell'isola. Inoltre, i social network rendono molto più difficile per il regime nascondere ciò che sta accadendo nel Paese.
Le notizie delle proteste nell'isola hanno subito acceso una polemica sul sostegno o meno delle mobilitazioni e sulla loro natura, mentre sono ripresi i vecchi dibattiti sul carattere dello Stato cubano e del suo regime.

 

Perché il popolo cubano si sta mobilitando?

Nonostante i noti problemi nell'ottenere dati affidabili su Cuba, sembra certo che la pandemia fosse relativamente sotto controllo nel 2020. Ma quest'anno la crisi sanitaria è peggiorata. Ci sono testimonianze di ospedali collassati e di persone che muoiono nelle loro case senza poter accedere alle cure di base. Come in tutto il mondo capitalista, la crisi sanitaria ha esacerbato le difficoltà preesistenti.
In questo clima teso, domenica sono scoppiate le proteste nella città di San Antonio de los Baños, nel sud-ovest dell'Avana, per poi diffondersi a macchia d'olio in tutto il Paese caraibico. Oltre alla crisi sanitaria, le privazioni e le continue interruzioni della corrente elettrica sono state al centro delle proteste popolari. Ad Artemisa, provincia dell'ovest dell'isola, una donna ha partecipato a una protesta gridando: «La gente muore di fame... i nostri figli stanno morendo di fame».
Díaz-Canel si è trasferito a San Antonio de los Baños per cercare di calmare gli animi. L'entità del processo lo ha costretto ad ammettere che tra gli scontenti c'erano «persone con insoddisfazioni legittime causate dalla situazione che stanno vivendo, ma anche rivoluzionari confusi...». Subito dopo, ha affermato che i «confusi» non sarebbero altro che elementi manipolati da «opportunisti, controrivoluzionari e mercenari pagati dal governo degli Stati Uniti per organizzare questo tipo di manifestazioni».
La risposta del regime non si è limitata alla campagna di calunnie. Anche la repressione fisica è stata molto dura. All'azione della polizia e dei gruppi legati all'apparato filo-governativo che hanno disperso e arrestato i manifestanti si è poi affiancato il dispiegamento del gruppo scelto delle Forze Armate Rivoluzionarie di Cuba (Far), conosciuto come «i baschi neri», che ha iniziato a picchiare e lanciare gas lacrimogeni contro la folla. Ciò è avvenuto in concomitanza con una interruzione dell’elettricità e di internet nei quartieri più combattivi. Mentre si verificava tutto questo, Díaz-Canel alzava il tono: «Siamo disposti a dare la nostra vita. Devono camminare sui nostri cadaveri se vogliono piegare la rivoluzione. Siamo disposti a tutto».
Ma la verità è che la mobilitazione e la rabbia crescente del popolo cubano rispondono a quelle questioni che la dittatura capitalista al potere e i suoi sostenitori vogliono nascondere: la restaurazione (capitalista, ndt) ha cancellato dalla mappa le conquiste della rivoluzione e ha approfondito a Cuba gli stessi mali che conosciamo in altre nazioni latinoamericane: fame, miseria, penuria, disoccupazione, crisi sanitaria, disuguaglianze crescenti, a cui si aggiunge un processo di decomposizione sociale.
Per questo motivo, come Lit-Quarta Internazionale non solo sosteniamo l'attuale processo di proteste del popolo cubano, ma, come nel resto dei processi che hanno avuto luogo in America Latina e in altre parti del mondo, invitiamo anche ad approfondire la mobilitazione, l'organizzazione indipendente dei lavoratori e dei poveri, fino a sconfiggere i piani capitalistici di tagli e i governi che li applicano.

 

Embargo e restaurazione capitalista

Cuba ha un peso simbolico per qualsiasi partito o militante di sinistra nel mondo. Questo fa sì che qualsiasi evento o dibattito su Cuba riaccenda le passioni.
Non è casuale. Fu la prima rivoluzione socialista di successo nelle Americhe. Eliminò la proprietà borghese a partire dal 1961; condusse alla socializzazione dei principali mezzi di produzione, posti al servizio di un’economia pianificata; e il controllo statale del commercio estero rese possibili grandi conquiste nelle condizioni materiali e culturali dell’isola. Purtroppo tutto questo fa parte di un passato di cui la restaurazione capitalistica portata a termine dallo stesso castrismo ha cancellato ogni traccia.
L’embargo contro Cuba è stato ed è un crimine imperialista che deve essere eliminato. Per questo è necessaria una mobilitazione congiunta, prima di tutto, delle masse popolari di Cuba e degli Stati Uniti. Ma la lotta contro le aggressioni imperialiste contro Cuba o qualsiasi altra nazione più debole non può confonderci e condurci a un sostegno politico ai loro governi e regimi.
Il tentativo di confondere l’avanguardia delle lotte, sottolineando che la colpa di tutti i mali di Cuba sarebbe esclusivamente l’embargo, nasconde il problema di fondo: quali rapporti di proprietà difende e preserva lo Stato cubano?
Ciò che determina le rivendicazioni che sono alla base della mobilitazione popolare è il risultato delle misure di restaurazione del capitalismo da parte dello Stato cubano. Queste rivendicazioni non sono diverse da quelle che hanno innescato altri processi in America Latina e nel mondo. Misure efficaci di contrasto alla pandemia, salute, occupazione, energia elettrica e servizi di base di qualità, ecc.: sono le stesse rivendicazioni che attraversano Cile, Colombia, Paraguay, Brasile...
Per ragioni politiche e per scopi elettorali interni, i politici repubblicani e democratici negli Stati Uniti sostengono la lobby favorevole all’embargo. Gli scontri tra la borghesia cubana di Miami e il regime cubano su chi debba farsi carico della restaurazione capitalista portata avanti dallo Stato non devono trarci in inganno.
Che cosa dice, ad esempio, l'Associazione degli imprenditori spagnoli a Cuba dell’embargo? Questa «associazione» rappresenta più di 200 aziende con sede nel Paese caraibico, principalmente nei settori del turismo, dell'alimentazione e di alcuni servizi dell'industria, inclusi alcuni colossi alberghieri come Meliá Hotels International e Iberostar.
Anche le compagnie minerarie canadesi, giustamente odiate da tutti gli ambientalisti e dalle comunità dell'America Latina, fanno affari con il governo cubano. La società mineraria internazionale Sherrit è responsabile dell'estrazione del nichel a Cuba, in collaborazione con il governo cubano. Lo scambio commerciale tra Cuba e Canada ha superato in più di un'occasione i 1.000 milioni di dollari annuali e le aziende canadesi hanno investito in settori chiave per l'economia del Paese, come la produzione di nichel, la produzione di energia elettrica e l'esplorazione petrolifera.
Ci sono anche aziende italiane che investono nei settori agricolo, agroindustriale e turistico. Sono circa 60 le aziende francesi che investono nei settori agroalimentare, del turismo, della navigazione, dell’edilizia, dell’energia, delle attrezzature industriali e dei trasporti.
Le aziende degli Emirati Arabi Uniti, d’altra parte, sono interessate ad investire nelle biotecnologie. Le aziende russe investono nelle comunicazioni informatiche, nei trasporti e nell'energia, le aziende brasiliane nelle sigarette.
Ma la cosa più importante è segnalare che il «cuore» del nuovo capitalismo cubano è il Grupo de Administración Empresarial Sa (Gaesa), che è il conglomerato economico delle Forze armate rivoluzionarie (Far). Controlla il Gruppo del Turismo Gaviota (hotel, agenzie di viaggio, noleggio auto), il gruppo Tecnotex e Tecnoimport (import ed export), la Trd Caribe (supermercati al dettaglio), l'Unione delle Costruzioni Militari e l'immobiliare Almest, oltre che gestire la Zona de Desarrollo Integral Mariel y los Almacenes Universales (servizi portuali, doganali e di trasporto).
In altre parole, la gerarchia dell'esercito cubano è associata in molti modi ai capitalisti spagnoli, canadesi, francesi, italiani, brasiliani, ecc. Sebbene sia difficile stabilirlo con assoluta precisione, il gruppo economico delle Forze armate potrebbe controllare tra il 30% e il 40% dell'economia cubana, oltre che il 90% del mercato al dettaglio che opera in dollari sull'isola.
La trasformazione dei generali in dirigenti «efficienti» è stata principalmente opera di Raúl Castro. E questo impone al capitalismo cubano un carattere militare e autoritario, basato sul legame tra Stato ed esercito.
Questo è il senso più profondo dello scontro con i «vermi» di Miami. Mentre la borghesia locale e l'imperialismo europeo hanno in mano gli investimenti e le proprietà, la borghesia cubana fuori dall'isola è rimasta indietro.
Gli unici a soffrire per la mancanza di medicinali e generi di prima necessità, prodotta dall’embargo, sono quelli che sono in basso. Chiediamo la fine dell’embargo. Ma non prendiamoci in giro: l’embargo statunitense ai danni di Cuba fa parte di una lotta politica in un contesto di restaurazione capitalista. Siamo contro l’embargo ai danni di Cuba per il suo effetto sulle famiglie cubane. Tuttavia, dobbiamo dire le cose come stanno: la fine dell’embargo non cambierebbe le giuste rivendicazioni del popolo cubano né fermerebbe le sue manifestazioni contro gli effetti del capitalismo guidato dal Pcc. Insomma, a nostro avviso, una dittatura che ha realizzato la restaurazione capitalista non può essere altro che una dittatura capitalista, come quella cinese, un regime dittatoriale al servizio del capitale.

 

La solidarietà deve essere con il popolo cubano

Ciò significa che dobbiamo denunciare e combattere ogni ingerenza degli imperialisti o delle fazioni degli antichi capitalisti cubani che ora agiscono dall'esilio. Il popolo cubano non deve fidarsi né delle chiacchiere né delle promesse di Biden o di qualsiasi altro rappresentante imperialista. Non c'è ipocrisia più grande di quella dell'imperialismo quando parla di «pace» o di «libertà».
A causa delle condizioni politiche imposte negli ultimi 62 anni, la lotta deve portare alla caduta della dittatura capitalista cubana e, senza soluzioni di continuità, deve proporre un programma di transizione verso una nuova rivoluzione socialista che recuperi le conquiste del 1959, ma stavolta sulla base di un regime di democrazia operaia, che combatta le false teorie del «socialismo in un Paese solo» e si collochi nell'ambito della lotta per l'estensione della rivoluzione a tutto il pianeta.
La solidarietà deve essere col popolo cubano, non con la dittatura castrista. La prospettiva deve essere quella di una nuova rivoluzione socialista, non la difesa dei burocrati e dei militari, diventati da molto tempo una nuova borghesia. E non ci sarà nessuna nuova rivoluzione a Cuba senza sconfiggere la dittatura di coloro che hanno restaurato il capitalismo. Questa è la chiave di un programma e di una politica rivoluzionaria per la crisi a Cuba.

 

Liberazione immediata dei prigionieri politici

Questo è ciò che pensiamo e difendiamo. Tuttavia, al di là delle profonde differenze che ci sono tra di noi, ci rivolgiamo a tutti coloro che combattono per la democrazia operaia, contro la restaurazione capitalista a Cuba e contro l'ingerenza imperialista, affinché promuovano una campagna immediata per la liberazione dei prigionieri politici. La solidarietà verso coloro che lottano fa parte della tradizione del movimento operaio internazionale. Proponiamo di realizzare insieme una campagna forte. Molti prigionieri sono anche noti militanti della sinistra cubana e combattenti antimperialisti, alcuni dei quali hanno pubblicato anche diversi articoli.
Chiediamo l'immediata libertà di tutti coloro che lottano, e in particolare dello storico Frank García, di Leonardo Romero Negrín, studente di fisica all'Università dell'Avana, di Maykel González Vivero, direttore della rivista Tremenda Nota, di Marcos Antonio Pérez Fernández, studente minorenne, così come degli altri prigionieri politici.

Viva la lotta del popolo cubano!

Stop alla dittatura capitalista!

Libertà per i prigionieri politici!

Contro ogni ingerenza imperialista!

Abbasso l’embargo!

 

[traduzione a cura di Salvatore de Lorenzo]

 

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