Partito di Alternativa Comunista

La doppia peste del capitalismo

 La doppia peste del capitalismo

 

 

 

 

di Eduardo de Almeida Neto e José Welmowicki (*)

 

 

 

La pandemia di coronavirus può avere conseguenze disastrose, riproducendo i milioni di morti causati dall'influenza spagnola del 1918. Ma la minaccia non si ferma qui. Sta iniziando una nuova recessione globale che potrebbe essere la stessa o addirittura peggiore di quella del 2007-2009. Può evolvere in una depressione come quella avvenuta nel 1929. Una pandemia vista raramente nella storia, una brutale recessione globale. Due pestilenze causate dal capitale. Questo è il capitalismo «moderno», che genera morte e miseria in dimensioni gigantesche.

La pandemia mostrerà il suo vero volto: il genocidio dei poveri
Dalla Cina, la pandemia si è diffusa in tutto il mondo, colpendo dapprima i principali Paesi imperialisti. Europa e Stati Uniti, i più potenti centri imperialisti, sono oggi due punti focali centrali della malattia. Sono semi-paralizzati. In questi Paesi, la pandemia mostra già il carattere di classe dei governi. Anche dove c'è isolamento sociale, gli operai sono costretti a lavorare, come all’epoca della schiavitù.

Negli Stati Uniti, con trenta milioni di persone senza alcun piano sanitario [a causa della privatizzazione della sanità, ndt], un adolescente di 17 anni è morto perché non è stato curato per non avere un piano sanitario e per essere stato rifiutato in un ospedale.
Il coronavirus sta colpendo in pieno i Paesi semi-coloniali. Tra qualche settimana spazzerà i bassifondi di tutta l'America Latina, l'Asia e l'Africa.
La pandemia sta assumendo il suo vero volto, del genocidio dei lavoratori e dei poveri di tutto il mondo, dai Paesi imperialisti ai popoli delle semi-colonie. Insieme a questo, la recessione globale porterà a un'enorme disoccupazione in queste sacche di miseria.
I segni di barbarie verso i lavoratori si diffonderanno. Mai l’alternativa tra socialismo e barbarie è stata così esplicita.

Il mondo si sta fermando...
Il primo caso di Covid-19 coronavirus è stato rilevato nel dicembre 2019 a Wuhan, in Cina. L'alto grado di internazionalizzazione dell'economia l’ha portato a divenire una pandemia, che ha colpito tutti i Paesi del mondo in tre mesi.
L'epidemia ha determinato la chiusura di una parte importante della Cina, con conseguenze pesanti sulla sua economia.
Il governo cinese è sempre stato accusato di truccare i dati sull'economia. Ora ha dovuto divulgare dati molto pesanti, con un calo della produzione industriale del 13,5% in gennaio-febbraio, un calo degli investimenti in capitale fisso del 24,5%, un calo delle esportazioni (-17%) e delle importazioni (-4%).
Immediatamente, si è verificata una rottura nella catena di produzione mondiale di cui la Cina è una parte importante. Le fabbriche di tutto il mondo hanno avvertito la mancanza di queste parti. La Jaguar Land Rover ha rivelato che ha dovuto trasportare pezzi di ricambio nelle valigie per cercare di mantenere la produzione. Ora, assieme all'evoluzione della pandemia, si sta verificando una paralisi parziale dell'economia in molti Paesi chiave in tutto il mondo.
È probabile che, in questo momento, tra il 30 e il 40% della popolazione mondiale sia confinato, un inedito nella storia.

Il re è nudo
Il capitalismo mondiale è stato scosso da un virus. Questo ha una spiegazione.
Per decenni, i piani neoliberali e di austerità hanno peggiorato duramente le condizioni di vita dei lavoratori di tutto il mondo. I rapporti di lavoro sono divenuti precari, portando gran parte degli operai a dover lavorare ogni giorno per poter mangiare quello successivo.
Sono state realizzate megalopoli con gigantesche periferie di quartieri poveri, con case in pessime condizioni igieniche, molte senza acqua o fognature. La salute pubblica è stata distrutta con tagli di bilancio e privatizzazioni.
È su questa realtà sociale che la più grande pandemia da diversi decenni, una delle più grandi della storia, si è ora abbattuta.
I governi hanno reagito in ritardo ed erroneamente contro la pandemia, peggiorando le cose.
La dittatura cinese ha inizialmente ignorato il coronavirus. Li Wenliang, il medico di 32 anni che per primo ha denunciato l'epidemia, è stato costretto a firmare una lettera in cui affermava «che stava facendo commenti falsi che disturbavano gravemente l'ordine sociale». Un mese dopo, è morto egli stesso di coronavirus.
Quando i morti hanno superato le centinaia, la dittatura cinese ha compreso che non aveva modo di nascondere l'epidemia. Ha quindi reagito duramente con il totale isolamento della provincia dell’Hubei, dove vi è Wuhan, in modo da evitare che il risultato fosse ancora più catastrofico. È riuscita a contenere la pandemia, almeno temporaneamente. Vi sono grandi dubbi sul fatto che la dittatura cinese non stia, per la seconda volta, nascondendo i dati sull'espansione della pandemia in altre regioni in modo da poter «tornare alla normalità».
In altri Paesi, l'isolamento sociale è stato applicato solo parzialmente, per la semplice ragione che la paralisi delle imprese influisce sui profitti della borghesia. Nella maggioranza assoluta dei Paesi è stata mantenuta la produzione industriale e in molti di essi anche i servizi.
Nella logica del capitale è sottinteso che l'interruzione delle attività, necessaria per contenere la pandemia, influisca sull'«economia», cioè sui profitti della borghesia.
Nessun governo, dalla Cina all'Italia, agli Stati Uniti, ecc., ha assunto la posizione di difendere la vita dei lavoratori. Al massimo, alcune piccole misure parziali e temporanee. Come nel naufragio del Titanic, le zattere ci sono solo per i ricchi.
Il capitalismo uccide, attraverso il coronavirus. La pandemia mostra, con la spietatezza delle morti, l'origine sociale della malattia. Come nella favola dei bambini, il re è nudo.

La salute come merce
Nel 21° secolo, l'umanità non ha difesa contro un virus. Questo ha una spiegazione. Nel capitalismo, la salute è considerata una merce. Si investe in ciò che dà profitto.
Perché non si ha un vaccino per una malattia così comune come l'influenza? Perché i rimedi contro la tosse, il raffreddore e la febbre rendono miliardi e miliardi di dollari ogni anno alle grandi multinazionali farmaceutiche. Non c'è interesse a investire nella produzione di un vaccino che funziona per i diversi tipi di virus influenzali, che cambiano ogni anno. Non perché sia impossibile, ma perché è più redditizio trattare i sintomi.
Non vi è stato interesse a produrre un vaccino contro il coronavirus nemmeno dopo le epidemie di Sars e Mers del 2002 e del 2012 (altri tipi di coronavirus), perché i Paesi imperialisti erano poco colpiti.
Ora, con lo sviluppo del caos, i vaccini vengono studiati e dovrebbero essere pronti tra un anno, probabilmente dopo la fine della pandemia.

L'economia mondiale in caduta libera
Quali sono i riflessi di questa catastrofe sull'economia? Una caduta molto dura. Secondo le previsioni dell'International Institute of Finance, negli Stati Uniti ci sarà un calo del 10% nel primo semestre e in Europa del 18% nel primo semestre. Goldman Sachs Bank prevede un calo del 24% del Pil degli Usa nel prossimo trimestre. Da parte sua, la banca Morgan Stanley prevede un calo del 30,1% nello stesso periodo negli Stati Uniti. La Cina avrà un forte calo nell'economia del primo trimestre per la prima volta dal 1976.
Le analisi di Michael Roberts, economista marxista, prevedono un calo della produzione dei maggiori Paesi imperialisti ed emergenti, nel 2020, del 15% o più. Questo valore è molto più alto del calo del 6% del 2008. Secondo Deutsche Bank, la caduta dell'economia mondiale in questo primo semestre sarà la peggiore dopo la depressione del 1929.
A peggiorare le cose, la pandemia si è combinata con il forte calo dei prezzi del petrolio, a causa della disputa tra Opec e Russia, che ha aperto una crisi nei Paesi produttori di petrolio.
Le cadute delle borse sono state molto pesanti. A Wall Street, l'indice Dow Jones è sceso del 23% dall'inizio dell'anno. In altri Paesi europei, il calo ha raggiunto il 30%.
Si sta verificando un prelievo di capitali da molti Paesi emergenti che porta a un forte calo delle loro valute. In Brasile, dall'inizio dell'anno, c'è stata la più grande fuga di capitali di tutta la storia.
L'Fmi ha appena pubblicato la previsione che la pandemia «causerà una recessione globale quest'anno, che potrebbe essere tanto grave quanto la crisi finanziaria globale o peggio». In altre parole, l'Fmi prevede anche una recessione globale pari o peggiore di quella del 2007-2009.
Ma i vari istituti della borghesia prevedono una rapida ripresa dell'economia. Alcuni parlano di ripresa già nel secondo semestre. Altri per il 2021. È vero?

La curva al ribasso dell'economia mondiale
Gli alti e bassi dell'economia, causati dalla pandemia, non si sono abbattuti su un'economia in crescita. Al contrario.
L'economia capitalista evolve attraverso cicli, con aumenti, cadute e crisi. I cicli brevi, tra 5 e 7 anni, hanno i loro periodi determinati dall'evoluzione del saggio di profitto. Possiamo dire, in modo semplificato, che quando si verifica un calo significativo del saggio di profitto, la borghesia smette di investire e il risultato è una crisi. Quando la recessione distrugge una parte significativa delle forze produttive, vengono ripristinate le condizioni per far aumentare il saggio di profitto. La borghesia investe di nuovo e l'economia risorge.
Questo sistema, nella sua struttura, non ha alcuna preoccupazione per le esigenze della popolazione. Produce ciò che dà profitti ai capitalisti. Le crisi sono necessarie e «normali» del capitalismo.
Oltre a questi cicli brevi, ci sono anche i periodi più lunghi dell'economia che incorporano diversi cicli brevi. Trotsky li chiamava «curve dello sviluppo capitalista». Nei lunghi periodi di ascesa, le fasi di crescita sono maggiori e quelle di crisi minori. Nei lunghi periodi di declino, le crisi sono maggiori e le fasi di crescita sono anemiche. Queste curve lunghe non hanno una durata predeterminata, ma in generale durano dai 30 ai 50 anni. Sono determinate da fattori extra-economici legati alla lotta di classe (rivoluzioni, guerre), espansione (acquisizione di nuovi territori) o evoluzione tecnologica.
La grande curva che stiamo vivendo ha avuto un periodo ascendente noto come «globalizzazione dell'economia», negli anni Ottanta e Novanta del 20° secolo. Quella fase fu segnata dalla restaurazione capitalista in Cina e in Europa orientale e dalle sconfitte dell'ascesa rivoluzionaria degli anni Sessanta e Settanta.
La grande recessione mondiale del 2007-2009 segna l'inizio della fase discendente di quella lunga ondata, che costituisce la crisi più grave dopo la depressione del 1929. Da allora ad oggi, nulla è stato lo stesso nell'economia capitalista.
Questa è la base della realtà mondiale prima della pandemia, che aveva già portato intere e crescenti regioni del mondo al declino economico e alla crescita della miseria per le masse. Le crisi inter-borghesi sono state esacerbate dalla Brexit, dalla guerra commerciale Usa-Cina, ecc.
La pandemia di coronavirus sta quindi colpendo un'onda discendente dell'economia mondiale, e questo è più grave.
Ma, all'interno di quella lunga curva discendente, dove eravamo nel breve ciclo dell'economia mondiale, prima della pandemia?
Eravamo già sull'orlo di una nuova recessione globale. L'Europa aveva già la sua economia in netto declino. Con la stagnazione della Germania - la sua principale locomotiva, con una crescita dello 0% nell'ultimo trimestre del 2019 - tutta l'Europa stava cadendo. Il Giappone stava iniziando un processo recessivo. I cosiddetti Paesi emergenti, come Russia, Brasile, Turchia, Messico, Argentina e Sudafrica, erano già in crescita anemica o già in recessione. La Cina aveva già registrato il tasso di crescita più basso (6%) negli ultimi anni. E gli Stati Uniti, che erano ancora in crescita, stavano già sperimentando un calo della produzione industriale all'inizio di quest'anno.

È iniziata una nuova recessione globale, forse peggiore di quella del 2007-2009
Questa era la realtà all'inizio dell'anno, che segnalava la vicinanza di una nuova recessione mondiale. L'impatto della pandemia è stato brutale. Sia a causa della gravità della pandemia che della fragilità dell'economia.
È iniziata una nuova recessione globale. In questo momento, le dimensioni della catastrofe che ha inizio non possono essere chiaramente previste. Né della pandemia né della crisi economica. È possibile solo avanzare varie ipotesi sulla sua evoluzione.
La pandemia causerà gravi perdite nelle vite umane, che possono variare da centinaia di migliaia a milioni, come nell'epidemia dell’influenza spagnola nel 1918.
La recessione globale potrebbe essere simile o peggiore di quella del 2007-2009 e persino evolvere in una depressione come nel 1929.

I governi vogliono salvare le aziende... ed evitare nuovi processi rivoluzionari
Il G20, nella sua ultima riunione, ha definito in cinquemila miliardi di dollari l'iniezione monetaria necessaria per affrontare le conseguenze della pandemia e della crisi economica. È un piano gigantesco, il più grande della storia.
Improvvisamente, i governi imperialisti hanno abbandonato i piani neoliberisti e adottato forti piani keynesiani per salvare le grandi imprese ed evitare nuovi processi rivoluzionari.
Molti governi hanno assunto un atteggiamento di «difesa della popolazione» mediante questi piani. Molti ne hanno guadagnato in popolarità, tra cui Trump, Macron, Fernández (Argentina) e molti altri. Pochi hanno assunto la posizione provocatoria di Bolsonaro. Tutti comunque stanno mentendo.
I piani investono miliardi, senza precedenti nella storia, per evitare il fallimento delle grandi aziende. E includono anche una serie di piccole concessioni per i lavoratori, per nascondere l'essenza padronale di questi piani. Cercano di evitare le convulsioni sociali che possono verificarsi a seconda della gravità della crisi.
Gli Stati Uniti hanno annunciato un piano da duemila miliardi di dollari, con una gran parte di questi soldi destinati alle grandi imprese. Solo una parte minore, di 500 miliardi, sarà destinata a pagare 1.200 dollari al mese a ciascuna famiglia a basso reddito e disoccupata, per tre mesi. La Germania ha definito un piano da 1100 miliardi di euro (un terzo del Pil), con 600 miliardi di euro per salvare le imprese e solo 50 miliardi di euro per aiutare i disoccupati. L'Fmi promette nuovi prestiti per i Paesi semi-coloniali, che faranno aumentare ancora una volta il loro debito estero.
Le «concessioni» per i lavoratori non annulleranno la sofferenza imminente. Sono molto più basse di quanto è necessario per sostenere le famiglie. Inoltre, sono solo temporanee, da uno a tre mesi. La disoccupazione di massa dei lavoratori non verrà sconfitta. I milioni di morti saranno pianti principalmente da famiglie povere.
Questi piani servono a ingannare le persone creando un clima completamente falso di «unità nazionale». In breve tempo, anche queste nuove farse entreranno in crisi. Analogamente, anche «l'isolamento sociale» è una farsa, perché mantiene i lavoratori al lavoro. Condanna i lavoratori del sommerso alla miseria. I poveri che non hanno case appropriate continueranno a essere condannati al contagio, senza difese.
Molti di questi governi, per qualche tempo, riusciranno a ingannare. Ma in realtà stanno commettendo un genocidio contro i lavoratori.

La stessa risposta per una crisi molto più grande
I governi stanno ripetendo, in una certa misura, ciò che hanno fatto per arginare la crisi del 2007-2009. Ciò che è cambiato è la dimensione dei piani, non la loro qualità. Prendono ancora più soldi dallo Stato per consegnarli alle banche, alle grandi industrie, ecc.
I pacchetti di misure riguardano circa il 9-10% del Pil dei Paesi imperialisti, mentre nel 2008 hanno interessato il 2%. È una somma gigantesca, senza precedenti nella storia. Se applicata al servizio di difesa dei lavoratori, avrebbe conseguenze diverse, con la salvezza di milioni di persone.
Con queste misure, sono riusciti ad evitare un fallimento molto più grande delle aziende e ad evitare il percorso verso la depressione nel 2008. Ora potrebbero ottenere la stessa cosa. Ma non ci sembra che possano evitare la recessione che è già iniziata.
Le grandi società si sono appropriate di questo capitale nel 2008 e non lo hanno reinvestito nella produzione. In fin dei conti, essendo guidati dal tasso di profitto, gli investimenti produttivi non apparivano attraenti. Per questo motivo, hanno spostato gran parte di questo capitale in modo da incoraggiare la speculazione finanziaria a livelli ancora più elevati. Il risultato è che in questo modo il vecchio capitale è stato espanso nell'economia, mantenendo artificialmente le aziende in crisi. Le bolle finanziarie, che erano già enormi nel 2007-2009, si sono ulteriormente espanse. Il debito globale è passato da 177 trilioni di dollari nel 2008 a 247 trilioni di dollari. Ora sarà ancora più grande.
Queste bolle finanziarie fanno parte del capitale fittizio. Non producono valore, il quale viene generato solo dalla produzione in fabbrica. Servono per la disputa del plusvalore generato dagli operai tra i diversi settori della borghesia. 
In un momento di crescita economica, promuovono artificialmente l'uno o l'altro settore. In un momento di declino, come quello attuale, le bolle iniziano a sgonfiarsi, con una gigantesca fuga di capitali nel mondo che aggrava la crisi economica.
La riemissione di pacchetti di stimolo commerciale può, ancora una volta, salvare le banche e l'uno o l'altro settore dell'economia, e può anche evitare la via della depressione. Ma non impedirà la recessione che sta iniziando.
Ciò che determina un rilancio dell'economia è un aumento degli investimenti privati della borghesia, che non esiste oggi né sembra esservi nel prossimo futuro. Secondo Michael Roberts: «Nella maggior parte delle economie capitaliste, gli investimenti del settore pubblico sono vicini al 3% del Pil, mentre gli investimenti del settore capitalista sono del 15%».
Se la borghesia non decide di investire, non ci sarà ripresa nell'economia. E le grandi aziende probabilmente non investiranno massicciamente finché il tasso di profitto non sarà attraente. Ancora meno in un mondo fermato dalla pandemia e scosso da sconvolgimenti sociali e politici. Niente a che vedere con la stabilità di cui la borghesia ha bisogno per i suoi investimenti.
Tutta questa somma di capitali che sarà trasferita alle grandi aziende non genererà alcun New Deal. Nessuna ondata di investimenti nella produzione. Sarà usato, ancora una volta, per spegnere l'incendio, salvare le grandi aziende dal fallimento.
Inoltre, a differenza del 2007-2009, quando la Cina è stata un fattore di stabilizzazione dell'economia, ora essa è parte della crisi.
La recessione globale è già iniziata. Sarà necessario vedere se la borghesia mondiale riuscirà a impedirle di essere molto più seria di quella del 2007-2009. Può darsi che ci stiamo dirigendo verso una depressione come quella del 1929.

Come in una guerra
I riflessi sociali della pandemia, assieme alla disoccupazione e al calo dei salari determinati dalla crisi economica, saranno brutali. Le conseguenze possono essere simili a quelle di una guerra.

Nelle guerre mondiali la distruzione fisica nei Paesi direttamente coinvolti è stata terribile. Le perdite umane sono state enormi, in particolare nella Seconda guerra mondiale. Ma ora, anche se è probabile la distruzione fisica dei mezzi di produzione, la perdita di vite umane e di risorse può avere una dimensione simile.
La distruzione di forze produttive può avvenire su una scala gigantesca, a cominciare dalla più grande tra esse: la forza lavoro umana, con la morte di milioni di lavoratori e la condanna di centinaia di milioni a una miseria ancora maggiore di oggi.

Stiamo andando verso nuovi processi rivoluzionari?
Quali sono i riflessi politici della combinazione della pandemia e della recessione economica globale?
In primo luogo, le divisioni della borghesia si stanno approfondendo a livello globale e all'interno di ciascun Paese.
Prima della pandemia e dell'apertura della crisi economica, c'era già una situazione di crescente polarizzazione e instabilità politica nel mondo. Ciò ha causato vari processi rivoluzionari in Cile, Ecuador, Iraq, Hong Kong e altri Paesi.
Ora, la situazione dei lavoratori peggiorerà qualitativamente. In poche settimane e mesi, la pandemia e la disoccupazione raggiungeranno le periferie delle grandi città di tutto il mondo.
Non esiste alcuna relazione meccanica tra le crisi e l’aumento delle lotte. A volte la paura della disoccupazione blocca le mobilitazioni. Ma questo non sembra essere quel che accadrà. La radicalizzazione politica di lavoratori e giovani aumenterà molto. Le crisi di governi e regimi cresceranno. 
Ci saranno nuove grandi ascese delle masse lavoratrici? Anche in questo senso, gli scenari devono essere tenuti aperti, a causa della molteplicità delle variabili in gioco. Ma, a causa dell'evoluzione iniziale, con gli scioperi sindacali in Italia, i cacerolazos in Brasile, Colombia e Stato spagnolo, ci sembra che l'ipotesi di apertura di nuovi processi rivoluzionari sia sempre più probabile.
Nel caso del processo rivoluzionario del Cile, l'arrivo della pandemia di coronavirus comporta che le mobilitazioni di massa, con gli scontri nelle strade con la polizia, debbano prendersi una pausa a causa del pericolo di contaminazione. Ma il processo continua, rimanendo ora focalizzato sull'auto-organizzazione nei quartieri e con una radicalizzazione del movimento che è approfondita dalla politica criminale del governo Piñera in relazione alla pandemia. Molto probabilmente, quando i peggiori effetti della pandemia passeranno, la rivoluzione riprenderà il suo sviluppo con forza.
La polarizzazione tra rivoluzione e controrivoluzione aumenterà notevolmente in tutto il mondo.

Socialismo o barbarie
Il capitalismo è un sistema che privilegia un'assoluta minoranza dell'umanità: la borghesia e l'alta borghesia. Condanna la maggioranza assoluta della popolazione alla povertà: i lavoratori.
Ma, per rimanere al potere, i governi della borghesia si presentano come «rappresentanti di tutti». L'ideologia dell'«unità nazionale» per affrontare la pandemia è solo una nuova versione di questa farsa. Ma, in alcuni momenti della storia, in alcuni Paesi, appare il vero volto di questo sistema brutale. Stiamo entrando in uno di quei rari momenti dell'umanità. Ora, con una catastrofe e un genocidio in tutto il mondo.
Tra poche settimane o mesi, in gran parte del mondo, con la pandemia al culmine e la recessione globale che è iniziata, avremo elementi di barbarie nei quartieri poveri di tutto il mondo.
Ci saranno momenti di cambiamento rapido e convulso anche nella coscienza dei lavoratori di tutto il mondo. È importante affrontare questa situazione molto grave con un programma anticapitalista, che indichi una prospettiva socialista. Non esiste una reale alternativa di cambiamento all'interno del capitalismo. Gli attuali governi, con i loro stessi vecchi piani, non eviteranno la crisi. Al contrario, i genocidi che stanno commettendo diventeranno probabilmente più espliciti in molti Paesi.
Le opposizioni borghesi, anche quelle più «di sinistra» come Sanders, propongono misure parziali, con l'estensione della sanità pubblica a tutti. Ma chiedono che i lavoratori continuino a lavorare. Non indicano alcun reale cambiamento nell'economia.
I settori riformisti della socialdemocrazia di tutto il mondo, Pt, Psol, Podemos, ecc., chiedono riforme parziali all'interno del capitalismo. Non sfuggono ai piani keynesiani, basati sugli investimenti pubblici per salvare l'economia.
Altri sono illusi dall'utopia che questa crisi possa far cadere il capitalismo senza che vi sia un intervento rivoluzionario da parte delle masse per rovesciarlo.
Il capitalismo può davvero uscire da questa crisi, dopo qualche tempo, ma vi uscirà in modo ancora più brutale. Incorporerà le forme di dittatura più dure per mantenere uno sfruttamento più selvaggio. Sfrutterà la disoccupazione di massa per imporre salari ancora più bassi. Utilizzerà i progressi nella repressione e nel controllo durante la pandemia per imporre governi e regimi più autoritari.
Non ci sono altre alternative: socialismo o barbarie. È necessario colpire il capitalismo frontalmente, non tentare di salvarlo, ancora una volta.
Rivendichiamo il diritto di tutti i lavoratori a mettersi in quarantena per la durata della pandemia. E anche che i lavoratori del sommerso abbiano uno stipendio medio garantito per tutto il periodo della pandemia e della crisi economica.
Tutti devono avere il diritto di mettersi in quarantena in condizioni decenti. Per questo devono essere occupati gli hotel e le case necessarie.
Difendiamo la salute pubblica gratuita e di qualità per tutti i lavoratori. Ciò significa l'espropriazione di ospedali e cliniche private per metterli al servizio di tutti i lavoratori.
Difendiamo la nazionalizzazione di grandi aziende fondamentali, a cominciare da quelle che producono alimenti e medicine, sotto il controllo dei lavoratori.
Per uscire dalla recessione globale, rivendichiamo un’economia pianificata, con la nazionalizzazione dei suoi settori fondamentali. Non può accadere che l'umanità rimanga soggetta agli interessi di una piccola minoranza.
È possibile un futuro, con i progressi tecnologici di oggi, in cui non ci sia più fame o miseria nel mondo. È possibile una produzione pianificata che non distrugga la natura. È possibile evitare nuove pandemie, se l'industria farmaceutica si dedica alla ricerca per creare vaccini e rimedi per evitarli. Le crisi economiche potrebbero non esistere più.
Ma nulla di tutto ciò è possibile all'interno del capitalismo. È tempo di alzare di nuovo le bandiere rosse del socialismo. E unirsi alla costruzione di partiti rivoluzionari che difendono quelle bandiere.
(*) della direzione della Lit-Quarta Internazionale
 
(traduzione dallo spagnolo di Salvo De Lorenzo)

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