Sfruttate in nome di Dio
Intervista ad
alcune lavoratrici “in nero” dell’Opera Romana Pellegrinaggi
a cura della sezione
romana del PdAC
Quella che segue è il frutto,
oltre che di una lunga chiacchierata, soprattuto di un’intervista “a microfono
aperto” svoltasi il 9 aprile in piazza, nel cuore di Roma. Come Pdac abbiamo
partecipato ad un sit in indetto dai Cobas e da alcune lavoratrici che hanno
svolto “in nero” il lavoro di hostess a bordo dei bus turistici “Roma
Cristiana”, per conto dell’Opera Romana Pellegrinaggi (Orp).
La chiesa cattolica gestisce in
Italia un enorme volume d’affari legato al turismo: si parla di cifre intorno
ai 5 miliardi di euro l’anno.L’Opera Romana Pellegrinaggi presieduta da Camillo
Ruini, vicario di Roma, è una sociatà leader in questo specifico
settore, alle dirette dipendenze del Vaticano. Poiché gode di un regime di
extraterritorialità può evadere le leggi italiane in materia fiscale, di
diritto del lavoro, di sicurezza, igiene ecc., cosa che peraltro avviene per
tutte le attività economiche della Chiesa (sanità, scuole, commercio). Non
solo, lo Stato italiano e i governi locali favoriscono questo regime di favore,
attraverso finanziamenti a progetti, ristrutturazioni del loro patrimonio
immobiliare ed esenzione fiscale di Ici, Irap, Ires. L’altra faccia della
medaglia è rappresentata dallo sfruttamento del lavoro che passa attraverso
l’imbroglio del “volontariato” e di contratti precari e senza tutele. Valeria e
Federica ci chiedono di far loro delle domande. Parleranno al microfono per
sensibilizzare la città e perché apra bene le orecchie anche l’amministratore
delegato dell’Orp, padre Cesare Atuire che si trova venti metri più in là,
chiuso nel suo palazzo barocco, dalla bella facciata ristrutturata da poco.
Come nasce la vostra storia di lavoratrici?
V. Siamo state arruolate dall’Orp
per il lavoro di hostess a bordo dei bus turistici “Roma cristiana”. Circa
venti di noi completamente in nero - con una paga di circa sei euro l’ora a
fronte di un biglietto di circa venti euro pagato dal turista - , hanno
lavorato a fianco di circa venti altre colleghe contrattualizzate, ma con
contratti precari. A me ad esempio all’inizio fu offerto un contratto precario
part time e lo acettai; nel momento in cui sono andata a firmare, il contratto
non esisteva più e mi proposero il full time. Quando decisi di accettarlo, i
posti erano esauriti e mi proposero di collaborare in nero.
Quando avete deciso di farvi sentire e aprire una vertenza?
F. Abbiamo deciso di denunciare
la condizione di sfruttamento sia delle lavoratrici in nero, sia delle
lavoratrici pecarie e, sostenute dai Cobas del lavoro privato, aderente alla
Confederazione Cobas, abbiamo aperto una vertenza contro l’Orp e messo in campo
diverse azioni di lotta. L’8 marzo abbiamo organizzato un primo presidio in
piazza dei Cinquecento. Quel giorno eravamo in tante, sostenute dai collettivi
di femmiste e lesbiche, da Facciamo breccia, Uaar. La risposta immediata e
vittimistica dell’Orp è stato il blocco del servizio dei bus per quel giorno.
V. Successivamente ci ha
allontanto dal lavoro (non poteva certo licenziarci dal momento che non abbiamo
mai avuto contratto) inviandoci una mail secondo la quale fino al 31 marzo
avrebbero potuto proseguire a lavorare soltanto le persone munite di contratto
(precario). L’Orp ha poi dato mandato ad una società di lavoro interinale, la Quanta, di reperire nuovo
personale attraverso una selezione per sostituire le ragazze lasciate a casa.
Abbiamo mostrato a tutti che proprio il Vaticano il cui capo indiscusso
pontifica contro la precarietà, non si fa scrupolo di sfruttare lavoratrici
precarie e, ancora peggio in nero, senza uno straccio di tutela e fuori da ogni
regola. Per ritorsione siamo state rimandate a casa. Ma quelle mail di
“licenziamento” rappresentano una autodenuncia e noi le abbiamo rigirate
all’ispettorato del lavoro.
C’è un legame secondo voi tra la vostra condizione di giovani donne ed
il rapporto di lavoro vissuto con l’Orp?
V. Tutte noi abbiamo assistito
alla propaganda Vaticana contro le donne di questi ultimi mesi: l’idea di
relegare le donne nel ruolo subalterno di cura, di madri, mogli, come se fosse
un destino divino, rende quasi automatico lo sfruttamento di personale
femminile in un servizio come quello da noi svolto sui bus. L’assistenza non
può che essere svolta da donne, magari di bella presenza; non è un caso che gli
autisti, ad esempio sono tutti uomini.
F. In questo senso va denunciata
l’ambiguità della definizione che ci davano di “animatrici pastorali”, di fatto
lavoratrici in nero, ma assimilate a volontarie. Non ho nulla contro il
volontariato, ma deve essere tale. Nel nostro caso non è mai esistito alcun
accordo in cui abbiamo sottoscritto di fare le volontarie, né ci è stata mai
rilasciata alcuna ricevuta di rimborso spese per la nostra attività di
“volontariato” quando andavamo a riscuotere i nostri compensi “in nero”.
Quali sviluppi prevedete per la vostra lotta e cosa pensate di fare per
unificare la vostra con altre vertenze precarie?
F. Vogliamo continuare l’azione
di denuncia attraverso tutti gli strumenti disponibili, sit in, interviste,
ecc.cercando di aggregare più forze possibili. Dobbiamo mantenere alta la
nostra visibilità, proprio per contrastare l’“invisibilità” subita sul posto di
lavoro. “Voi non esistete” è quel che ci ha detto la nostra coordinatrice un
giorno in cui, in via della Conciliazione (a due passi da piazza S. Pietro), il
bus è stato fermato per i controlli di routine della polizia.
V. La lotta paga: noi stiamo
lavorando sulla scia di un’altra vertenza vinta dalle nostre colleghe
dell’azienda comunale Trambus Open che hanno lavorato a partita iva o appaltate
ad una cooperativa fino al giugno 2007, quando, proprio a seguito delle loro
lotte e mobilitazioni, sono riuscite, in 50, a veder riconosciuto il contratto
subordinato a tempo indeterminato. Oggi anche loro sono qui e volantinano con
noi.
Verso sera Valeria e Federica,
accompagnate da un sindacalista, entrano in delegazione nel palazzo dell’Orp.
L’amministratore delegato, padre Cesare Atuire, fa loro capire che se avessero
voluto individualmente (!) raggiungere un accordo si sarebbe potuto. Ma loro
sono unite in una battaglia sindacale che assume un chiaro significato politico
contro lo strapotere ideologico e materiale del Vaticano.
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