Dopo il referendum dei
metalmeccanici
No al contratto bidone
di Francesco Doro*
Il 25, 26, e 27 febbraio si è tenuto nelle aziende metalmeccaniche il
referendum sull’accordo del rinnovo contrattuale siglato da Fim, Fiom, Uilm e
associazioni padronali. Ricordiamo che l’accordo siglato è di natura regressiva sia sul piano
salariale che sugli aspetti normativi, sugli orari e sul mercato del lavoro (vedi articolo su Progetto Comunista n° 14).
Alla consultazione, come d’altronde a tutte le altre, è stato possibile
presentare solo le ragioni a favore del sì, quindi il risultato del 74,86%
(385.267 voti) favorevole contro il 25,14% (pari a 129.401) di voti contrari all’accordo
pare abbastanza scontato. Ma se analizziamo bene il risultato si scopre che il
dissenso a questo accordo non è da sottovalutare. I 130.000 voti di bocciatura
hanno un peso notevole considerando che provengono dalle grosse fabbriche e
gruppi industriali, quel settore in cui i lavoratori sono stati più attivi
nella lotta per il contratto.
La maggioranza della burocrazia sindacale si è mobilitata, spesso in
combutta con il padronato per far passare l’accordo, ed è il caso della
Maserati e Fiat Avio di Torino, dove sono stati comandati dall’azienda a votare
per il sì le più alte figure professionali, a dimostrazione di quanto sia a
favore dei padroni questo contratto, qui i no hanno raggiunto il 44% dei voti,
nel gruppo Fiat a Melfi il no ha raggiunto il 90%, alle carrozzerie di
Mirafiori il dissenso raggiunge 1255 no su 1973 votanti, in Ferrari, Maserati, Piaggio,
Aprilia, in Fincantieri il no è predominante o molto significativo.
Nonostate il controllo delle burocrazie di turno e la mancanza di una
capillare opposizione organizzata, nelle grosse industrie il dissenso operaio c’è
stato e si espresso con determinazione.
La firma prelude ad nuovo modello contrattuale
L’accordo, appunto per le concessioni
che questo offre al padronato, si inserisce nel percorso teso ad arrivare ad
una riforma del modello concertativo di contrattazione del 1993. Questo sistema
di contrattazione ha permesso alle imprese di aumentare notevolmente i propri profitti
a scapito dei salari, ma ora non regge più alla concorrenza mondiale e alla
crisi economico finanziaria internazionale. Il documento unitario propone il superamento
degli accordi del 1993 passando dal biennio economico alla fissazione della
triennalità della vigenza contrattuale, unificando così la parte economica e
normativa, un meccanismo che ridurrà ulteriormente i salari. Inoltre il nuovo
modello contrattuale viene svuotato della sua funzione solidaristica di salvaguardia
dei diritti, delle tutele e difesa salariale, la contrattazione viene
atomizzata nei territori. Le quote di salario aggiuntive saranno strettamente
legate alla redditività d'impresa, ancorando il salario agli obiettivi
aziendali, un sistema di collaborazione di classe che subordina totalmente i
salariati alle logiche padronali, che ci riporta indietro agli anni Cinquanta e
premia l'individualismo, il crumiraggio, il cottimo. Questa bozza costituisce la
piattaforma ideologica di base per dar vita a quella costituente sindacale
dalla quale dovrà nascere il nuovo sindacato unitario italiano.
Per fare ciò, la burocrazia
maggioritaria della Cgil ha da tempo iniziato una feroce campagna volta a limitare
gli spazi democratici all'interno del sindacato. In
occasione del referendum sul pacchetto Damiano dello scorso autunno si è assistito
ad una caccia alle streghe nei confronti di quei settori della Cgil che non si
volevano piegare alla politica del governo amico. Oggi questa aggressione alla
democrazia sindacale continua per mezzo del documento presentato dalla
maggioranza nella Conferenza d'Organizzazione nel quale si vogliono introdurre
limiti per la manifestazione del dissenso pubblico; la Fiom rispetto alla “linea”
intrapresa dalla Cgil non ha scelto una posizione di opposizione, subendo di
fatto un appiattimento alla linea di Epifani, abbandonando definitivamente il
ruolo di sindacato combattivo che la distingueva rispetto alla Cgil.
Per la salvaguardia del contratto nazionale e delle conquiste dei
lavoratori costruiamo l'opposizione di classe in Fiom e in Cgil
Oggi più che mai è indispensabile,
a partire dal dissenso nei meccanici all’accordo bidone e più in generale al
dissenso sul protocollo Damiano, costruire dentro la Fiom e la Cgil un’opposizione di
classe. La Rete 28
Aprile (sinistra sindacale in Cgil) ha rappresentato un punto di riferimento
per tutti quei lavoratori sindacalizzati che si sono opposti alle politiche
concertative delle burocrazie confederali, ma allo stesso tempo ha stentato nel
momento in cui avrebbe dovuto intraprendere un salto di qualità nella sua
proposta alternativa a quella della maggioranza Cgil, rompendo definitivamente
con essa.
E’ necessario lanciare una campagna
di mobilitazione che proponga ai lavoratori, agli studenti e ai disoccupati una
piattaforma rivendicativa unificante per tutti questi soggetti, tra i cui punti
centrali debbano esserci aumenti salariali per recuperare il potere d'acquisto
eroso dall'aumento dei prezzi, l'abolizione di tutte le leggi precarizzanti
(Treu, Biagi, Damiano) e la trasformazione a tempo indeterminato dei contratti
di lavoro atipici, la riduzione dell'orario di lavoro a 35 ore a parità di
salario, il ripristino di un sistema previdenziale totalmente pubblico, a
ripartizione, e per il diritto alla pensione dopo 35 anni di lavoro a
prescindere dall'età anagrafica; abolizione delle leggi anti immigrati Bossi
Fini e Turco Napolitano, per il riconoscimento dei pieni diritti civili, politici
e sindacali per gli immigrati, scala mobile dei salari, salario minimo
garantito per i disoccupati, sanità e scuola pubblica, gratuita fino
all'università.
Per un sindacato di classe serve un partito comunista conseguente
Al progetto, di matrice Pd, di
costituzione un sindacato non conflittuale funzionale agli interessi di classe
dei padroni, bisogna contrapporre la proposta di costruzione di un sindacato
combattivo e di classe, una proposta di vera unità dei lavoratori, non decisa
dagli apparati, che dovrebbe nascere nelle lotte e che dovrebbe essere in primo
luogo rivolta a quei settori del sindacalismo di base che si sono opposti alle
sciagurate politiche di questi ultimi anni. È necessario coordinare e
centralizzare le sinistre sindacali conflittuali e di classe, costituire
coordinamenti tra i delegati eletti nelle aziende e sviluppare la solidarietà
di classe contro un nemico comune: il padronato.
Solo perseguendo questa via faremo
sì che per la prima volta da decenni possano essere i lavoratori a passare
all'offensiva e a riprendersi tutto ciò che nel tempo è stato loro sottratto.
Ma per fare questo è necessaria
la costruzione di un partito comunista conseguente agli interessi dei
lavoratori, un partito che sia per le lotte e nelle lotte, un partito
internazionale che affianchi alle conquiste immediate dei lavoratori un
programma di cambiamento di società, il Socialismo.
*Direttivo regionale
Fiom Veneto
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