La
lotta delle donne
Contro la prostituzione, lotta al
capitale
Pia Gigli
Mercato del sesso
L'industria del sesso è uno tra i più fiorenti settori
dell'economia capitalista. Recenti studi dell'Unione Europea riferiscono che,
per volume di affari, è inferiore soltanto all'industria delle armi. Come
qualsiasi altro settore economico produce sfruttamento e alienazione, viene alimentato
da bisogni indotti e costruiti ad arte dal sistema capitalistico che fonda il
suo dominio anche sulla repressione sessuale.
I servizi erogati dall'industria del sesso, e qui si tratta
soprattutto della vendita (per lo più femminile) e acquisto (prevalentemente
maschile) di prestazioni sessuali attraverso la prostituzione, si collocano
nella sfera della "riproduzione" rappresentata dalle attività
materiali, fisiche e psichiche (come nutrirsi, vestirsi, divertirsi e anche
fare l'amore) che permettono al lavoratore di mantenersi in vita, rigenerarsi ed
essere pronto per la produzione. In questo ambito il capitale assegna alle donne
il ruolo principale nel lavoro di cura prevalentemente all'interno della
famiglia, istituzione funzionale al mantenimento del sistema, e anche fuori
dalla famiglia. Il capitale ha necessità dunque di controllare la sfera della
riproduzione - su cui non esita, tra l'altro, a fare profitto - e delle
relazioni anche al di fuori dei classici luoghi di produzione (come la
fabbrica): nella famiglia e nella società. Ma le relazioni tra uomini e donne nel
capitalismo sono distorte e rese disumane da un sistema di produzione che riduce
le persone a cose; gli uomini e le donne sono divisi secondo il detto divide et impera. Il matrimonio e la
prostituzione sono, come rilevava Marx, due facce della stesa medaglia. Per
questo finché esisterà il capitalismo, queste istituzioni gli saranno
necessarie e continueranno ad alimentare disuguaglianze, oppressione delle
donne (e dei giovani) e sessismo.
Prostituzione: una
questione di classe?
Nella prostituzione si può riconoscere una linea di classe che
individua da un lato le prostitute che rivendicano la loro "libera
scelta" al pari di qualsiasi libero imprenditore, e quindi la legittimità
di fornire prestazioni sessuali su compenso e di avere, di conseguenza, i
diritti che la società borghese riconosce alle imprese ed i relativi doveri
(come pagare le tasse ecc.). Ma queste sono una minoranza, infatti dall'altro
lato il mercato del sesso è alimentato per gran parte da quella quota di donne
immigrate costrette alla vendita del loro corpo-merce come quella quota di
uomini immigrati costretti a vendere la loro merce forza-lavoro. Con una
inesatta, ma facile ed efficace equazione Tratta = Immigrazione clandestina =
Prostituzione, governi di centrodestra e di centrosinistra tendono a ridurre la
prostituzione ad una qu
estione di ordine pubblico, alternano paternalismo e
vittimizzazione nei confronti delle prostitute e politiche repressive nei loro
confronti e nei confronti dei clienti. Si va da proposte di criminalizzazione e
ghettizzazione come la riapertura delle "case chiuse", la caccia ai
clienti, l’aumento dei controlli delle forze dell'ordine, l'individuazione dei
quartieri a luci rosse con maggiori poteri ai sindaci, in un continuum, con diverse sfumature, che
dallo scorso governo Berlusconi, arriva al governo Prodi (è recente una
proposta di legge sulla prostituzione di Amato, ministro degli interni),
passando per il patto per la sicurezza del sindaco Veltroni e per gli scossoni
securitari di vari altri sindaci di centrodestra e di centrosinistra. Sono
politiche che tendono a regolare ulteriormente i flussi migratori, a soddisfare
le esigenze di moralità e di tranquillità dei borghesi perbenisti, e che invece
alimentano la clandestinità, lo sfruttamento ed il razzismo. Lo dimostra il recente decreto sulla sicurezza,
votato anche dalle forze della sinistra arcobaleno che, tra l’altro prevede
l’espulsione anche dei cittadini comunitari, oltre che di quelli
extracomunitari, per motivi di ordine pubblico.
Il capitale e i suoi governi da una parte vogliono
combattere così lo scandalo e l'orrore della prostituzione e della criminalità
ad essa associata, ma allo stesso tempo la alimentano, come dimostra il noto
traffico di ragazze dell'est Europa ai fini della prostituzione, gestito dalle
forze dell'Onu e della Kfor in Kosovo.
Ci deve essere una
risposta della classe operaia
Di fronte alla vendita del corpo e del sesso la classe dei
lavoratori e delle lavoratrici deve essere la prima a comprendere i meccanismi
di dominio del capitale che ne sono alla base. Un dominio che nasce nei rapporti
di lavoro e si allarga ai rapporti sociali, compresi i rapporti tra uomini e
donne. La classe operaia organizzata deve combattere tutte le forme di
oppressione prodotte dal capitale lottando contro le divisioni create ad arte
dal capitale tra lavoratori nativi e immigrati, tra lavoratori stabili e
precari, tra uomini e donne proletarie.
La prostituzione e lo sfruttamento del corpo delle donne non
possono essere risolte con il proibizionismo, la repressione e le politiche
securitarie dei governi, quindi va condotta una battaglia contro le loro leggi
poliziesche, contro la chiusura delle frontiere, per il permesso di soggiorno a
tutti le lavoratrici ed i lavoratori stranieri, contro il lavoro nero e per
uguali diritti e salari con i lavoratori italiani. Nello stesso tempo va
condotta una battaglia contro la criminalizzazione e la stigmatizzazione delle
prostitute contro tutti i tentativi di relegare la loro attività alla
clandestinità e quindi ai peggiori trattamenti da parte dei loro padroni,
appoggiando le loro lotte per i diritti più basilari a cominciare dall'assistenza
medica.
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