La tragedia di
Lampedusa
e la lotta dei proletari immigrati
Intervista a
Moustapha Wagne
a cura di Patrizia
Cammarata
Il mare continua a restituire i
corpi dei migranti morti nel naufragio dello scorso 3 ottobre.
Il bilancio
ufficiale, mentre scriviamo, fa salire le vittime ad oltre 360 ma il numero è
ancora provvisorio. Ma l’immane tragedia dello scorso 3 ottobre non ha
fermato i barconi, solo dopo una settimana dalla strage di Lampedusa c’è stato
ancora un tragico naufragio nel Canale di Sicilia, anche questa volta con
bambini, e bambini anche fra i morti. Continuano gli sbarchi, continua la
disperazione. Un mare, quello di Sicilia, che è tomba per le masse in fuga
dall'Africa. Numeri, quelli dei morti, dichiarati ma mai certi e spesso il
numero dichiarato è inferiore a quello reale data la difficoltà di ricostruire
con certezza cosa accade veramente, ogni volta, durante questi viaggi
disperati.
Abbiamo assistito ai piagnistei dei razzisti di governo che, in
giacca e cravatta, prendevano le distanze da quanto accaduto a Lampedusa il 3
ottobre, un mondo d’onorevoli, industriali e banchieri che vivono fra “velluti e
ori ”, e che ha mitragliato, su tv e giornali, una serie di dichiarazioni di
falsa commozione e false condoglianze. Un mondo che è parte in causa, e
responsabile, della disperazione e della quotidianità fatta di precarietà, fame,
sete e paura della maggioranza della popolazione, non solo africana, ma
mondiale.
File di bare poste in modo ordinato, tanto ordine che stride con il
caos di un sistema selvaggio che, mentre non ha pane per molti, ha lusso e
spreco per pochi. Piccole bare bianche, lacrime di madri, padri, angoscia di
bambini che assistono ammutoliti, bambini senza genitori che sono sopravvissuti,
questa volta, e solo per caso. Un caso fortuito che non è certo potrà ripetersi
ancora dato che la vita di questi bambini è, per la stragrande maggioranza di
loro, già scritta con l’inchiostro colore lacrime e sangue, un colore che
caratterizza la vita di milioni di esseri umani che nel mondo vagano da una
terra ad un’altra, in cerca di un futuro, un futuro che quasi sempre è
sfruttamento e precarietà.
Nessuna associazione, nessuna organizzazione
politica o sindacale può sottrarsi alla complicità con i colpevoli della strage
di Lampedusa se non denuncia e non prende le distanze, non solo a parole ma nei
fatti, dai governi di centrodestra, di centrosinistra o di “unità nazionale”,
che hanno approvato, o non le hanno cancellate, le leggi razziste e xenofobe. Ma
non sono solo queste leggi, come la legge Bossi- Fini, la causa di tutto ciò. La
disperazione di chi sale su un gommone, o ci fa salire i propri figli, nasce da
un sistema economico, il capitalismo, che i suddetti governi rappresentano e
difendono. Governi che sono il comitato d’affari della classe dominante,
quella classe che tiene in scacco la stragrande maggioranza della popolazione e
che, con le sue politiche di rapina nel sud del mondo, spinge alla fame, alla
guerra e alla disperazione interi popoli per poi considerarli “un problema da
risolvere”.
Affinché questi drammi non accadano più è necessario accantonare
l’angoscia e il dolore e, in modo razionale, è necessario attivarsi per
costruire quegli strumenti, il sindacato di classe e il partito rivoluzionario,
che sono strumenti indispensabili, non solo per sconfiggere le politiche
razziste e classiste dei governi borghesi, ma per costruire una reale
alternativa di sistema.
Sulla tragedia
di Lampedusa intervistiamo Moustapha Wagne, responsabile nazionale Cub
Immigrazione e responsabile della Commissione Lavoro Immigrati del Pdac.
La
tragedia di Lampedusa ha suscitato tanta indignazione, pensi ci sarà qualche
cambiamento?
Gli sbarchi non si fermeranno e nemmeno le
politiche “aiutiamoli a casa loro” cambieranno la situazione. I popoli soffrono,
le politiche del Fondo monetario Internazionale e della Banca Mondiale hanno
massacrato le terre, la pesca, l’agricoltura dei popoli dell’Africa, con la
collaborazione dei governanti locali. L’Europa porta le armi in Africa. Dopo
aver creato una situazione di continua emergenza umanitaria in Africa chiudono
la porta e quanto accaduto a Lampedusa dimostra solo la vera faccia di egoismo e
di aggressività dell’imperialismo.
Cosa hanno fatto per noi, per i
lavoratori, non solo immigrati ma anche italiani, questi politici che ora
speculano sulla tragedia di Lampedusa? Un cinese può ottenere un visto per
venire in Italia. Un senegalese che vuole venire in Italia non può ottenere il
visto dalle ambasciate dei Paesi ricchi. Per questo la sua unica possibilità per
sfuggire a fame e miseria è sfidare la morte in mare. Nessuno potrà frenare
questo esodo di massa. Bisogna eliminare i visti, bisogna eliminare lo stesso
concetto di clandestinità. La libera circolazione è il solo modo per alleviare
le sofferenze e per impedire i drammi della clandestinità
Non
credi sia impossibile l’abolizione del concetto di clandestinità in questa
società?
Non posso accettare l’indifferenza e mi sta dando
coraggio il pensare ai tanti siciliani, ai tanti italiani che hanno fatto di
tutto e continuano a fare di tutto per salvare i fratelli migranti.
Ma per i
governi i valori di fratellanza e solidarietà sono carta straccia. La Lega sta
speculando sui morti. La Lega fa circolare notizie false e fa la sua
campagna elettorale sulle vite dei migranti. Grida all’invasione mentre l’Italia
è un Paese che ha una percentuale d’immigrazione più bassa di altri Paesi
d’Europa. Grillo parla come un grande fascista e fa i calcoli elettorali
speculando sui morti.
Coloro che raggiungono le coste dell’Italia non sono
considerate persone. Chi arriva qua è merce, non solo dei trafficanti, ma anche
dei governanti. Noi immigrati, per loro, siamo merce. Per capirlo basta prestare
attenzione a quanto scritto nelle leggi che hanno approvato. Che gli immigrati
sono merce la Lega lo dice forte, il Pd e il Pdl lo dicono lo stesso, se pur
sottovoce. Berlusconi ha portato di nuovo sulla scena i fascisti, ha legittimato
i razzisti. Con il suo governo è stata approvata la Legge Bossi- Fini che il
governo Letta non ha cancellato.
Davanti ai cadaveri dei bambini c’è chi ha
speculato e c’è chi non si è indignato, questa mancanza di indignazione c’è
stata anche in certi settori di immigrati. I figli degli immigrati che sono in
Europa e che hanno raggiunto un certo benessere lo hanno raggiunto a spese dei
loro fratelli in Africa. Questa è la barbarie di questo sistema, il capitalismo,
che sta imputridendo e sta trascinando l’umanità verso il cinismo, il razzismo e
la barbarie. Solo i popoli d’Europa e dell’Africa, uniti, insieme, possono dare
una risposta, non certo i governanti e i governi europei delle
banche.
Molti, anche a sinistra, dicono che è un ideale non
raggiungibile.
C’è una grande ingiustizia sociale nel mondo e
la maggior parte della popolazione mondiale lotta per avere degli avanzi di
cibo. Questa è la politica del capitalismo. Ora si è vista la tragedia di
Lampedusa, bisognerebbe che fosse visibile anche la tragedia che si svolge tutti
i giorni nel deserto del Mali e dell’Algeria dove i ragazzi partono per andare
in Libia per poi arrivare in Sicilia. Partono in dieci e arrivano in tre. Alle
donne italiane dico: voi non sapete quante donne sono state violentate in Libia
dalle forze della repressione e che arrivano nelle coste italiane incinte dei
loro stupratori. Dobbiamo farla finita con tutto ciò. Dobbiamo ribellarci, basta
lacrime. Per dare dignità a questi morti, morti che sono identificati con un
numero, è necessario dare una risposta. Certo che è difficile, ma è necessario,
deve essere possibile. La sofferenza alle volte permette all’uomo di rafforzare
e sviluppare la sua capacità fisica e morale. Questo dobbiamo fare noi. Noi non
possiamo accettare di mettere il povero contro il povero. La lotta contro
razzismo e lo sfruttamento deve essere generalizzata ma per generalizzarla c’è
bisogno di organizzazione e per organizzarci abbiamo bisogno degli strumenti
necessari. Io penso che l’embrione di questo strumento necessario esiste già.
Sono convinto che la Lit, la Lega internazionale dei lavoratori-Quarta
Internazionale, che sta costruendo partiti rivoluzionari non solo in
America Latina, in Europa ma anche in Africa, è lo strumento necessario, ma ha
necessità di essere rafforzata e allargata, che si conosca sempre più la sua
organizzazione e il suo programma. Non è più possibile impegnarsi solo a parole
o in modo frammentato, senza una visione e un’azione organizzata a livello
internazionale. Questa è la battaglia che combatte in prima fila il Pdac: e non
è certo un caso se sono sempre più numerosi, tra i nuovi militanti del nostro
partito, i compagni immigrati.
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