In 200 mila a Vicenza per dire no alla base Usa!
In 200 mila a Vicenza per dire no alla base Usa!
Intervista a Patrizia Cammarata, portavoce del comitato Vicenza Est contro l'ampliamento del Dal Molin e dirigente locale del PdAC: Patrizia ha fatto uno dei tre interventi di chiusura della grande manifestazione del 17 febbraio
a cura di Michele Scarlino
Per iniziare un tuo giudizio sulla manifestazione del 17...
Duecentomila manifestanti. Il 17 febbraio 2007 è stata una giornata storica per la città di Vicenza. I contenuti di cui è stata portatrice la manifestazione, inoltre, hanno travalicato il semplice no al progetto Dal Molin. Moltissimi striscioni presenti erano un vero e proprio atto di accusa non solo al Sì del governo Prodi per la nuova base Usa a Vicenza, ma nei confronti della politica di guerra di questo governo. È inoltre naufragato il tentativo di far fallire la manifestazione. La precedente manifestazione del 2 dicembre era stata criminalizzata dai mass-media locali e dai massimi vertici dei DS locali (segretaria provinciale in primis); la manifestazione del 17 febbraio è stata criminalizzata dai mass media locali, nazionali e dal governo Prodi, attraverso le dichiarazioni dei suoi esponenti a partire da Giuliano Amato. In entrambi i casi l’operazione è fallita miseramente e la gente non si è lasciata intimorire. È fallito anche lo squallido tentativo di spaventare le persone agitando il fantasma del terrorismo chiudendo, con grande risalto mediatico, un’inchiesta che durava da tre anni proprio alla vigilia della manifestazione.
Il governo Prodi ha tentato di far apparire la questione Dal Molin come questione locale, "affare dei vicentini", slegandola dal contesto di riarmo dell'imperialismo europeo ed americano. Rifondazione comunista, sposando la tesi del governo, chiede il referendum locale. Secondo te, e secondo il PdAC, il referendum è una soluzione al problema?
Il tentativo di ricondurre tutta la questione ad un problema meramente urbanistico e di impatto ambientale, insieme alla richiesta di referendum, è stato il tentativo messo in atto da Ds, Cgil e dalla cosiddetta sinistra radicale (Prc, Verdi, Comunisti italiani) per deresponsabilizzare il governo con la scusa che a decidere sarebbe stata "la comunità locale". Il PdAC dall’inizio ha denunciato questa manovra che è comunque fallita nei fatti miseramente. Il drammatico tema della guerra (e della politica di guerra di questo governo) schiaccia in modo dirompente il tentativo di istituzionalizzare e ammansire lo sdegno per quello che è il vero nodo della questione: il governo Prodi ha detto sì ad una nuova, grande base di guerra. Che lo abbia fatto "senza sentire la comunità locale" è motivo di sdegno ormai solo per chi è più preoccupato della sorte del "governo amico" che della costruzione della nuova base. A farsi carico di questa preoccupazione è soprattutto la Cgil che si è da subito pronunciata per il no, che è stata ben visibile e organizzata il 17 febbraio portando circa 15 mila persone, ma che si guarda bene dall’organizzare assemblee informative all’interno delle fabbriche e dal mobilitare i lavoratori per uno sciopero. "Sia chiaro che noi siamo contro la base e non contro il governo" è la parola d’ordine implicita ma anche a volte esplicitata apertamente. E la "grande" Cgil che ha portato in piazza 15 mila persone esprime a gran voce, per bocca del suo segretario Oscar Mancini, la sua richiesta contro la costruzione della più grande base di guerra d’Europa: referendum! Contro questa posizione i nostri compagni del PdAC all’interno della Cgil stanno conducendo una dura battaglia.
Cosa pensi della scelta di Prc, Pdci e Verdi di essere in piazza il 17?
Seguendo il corteo
della Cgil, ben protetti, sono sfilati i partiti governativi con i loro degni
esponenti: i vari Diliberto, Giordano, Salvi, Fincato, Bonelli, Caruso, Trupia,
che se si fossero posizionati in qualche altro spezzone del corteo avrebbero
rischiato di prendersi qualche ortaggio in faccia.
La scelta di
questi coerenti personaggi riflette il penoso tentativo di rimanere ben saldi
alla poltrona parlamentare e, nel contempo, non rompere definitivamente con la base
che li ha votati. Ma è un tentativo che col passare del tempo sta diventando
sempre più logoro ed inefficace. Arriverà il momento in cui anche il più
paziente ed innocente militante di base comincerà a capire l’inganno che si
cela dietro la politica di questi parlamentari "di lotta e di governo".
Non è possibile
votare una finanziaria che aumenta le spese militari a danno della sanità,
votare il rifinanziamento delle missioni di guerra, continuare nei fatti a
sostenere il governo e le sue politiche e, nel contempo, stracciarsi le vesti
auspicando un ripensamento di Prodi. Nel frattempo le ditte (fra cui spiccano
le cooperative rosse) rispondono alla gara d’appalto per la costruzione della
base e la vita di migliaia di persone è stravolta dalla necessità di
organizzare la lotta e la mobilitazione quotidiana contro tale progetto.
L'opposizione a Vicenza ed in Italia è stata molto forte e partecipata. Tu sei una portavoce del comitato "Vicenza Est". Cos'è "Vicenza Est" e che battaglia ha condotto in queste settimane?
Dopo Aviano e Camp Darby nasce a Vicenza il terzo
comitato in Italia per la chiusura e conversione delle basi militari, in questo
caso della Ederle. Il comitato parte subito con un progetto concreto: organizzare,
grazie al sindacato Cub, i corsi di riqualificazione per i lavoratori della
Ederle in vista della sua chiusura. In questa maniera il ricatto occupazionale
è morto e sepolto. Il no al
Dal Molin del comitato cittadino di "Vicenza Est" è un no alla
guerra. Non a caso due dei tre relatori dell'assemblea pubblica, tenutasi il 26
gennaio scorso, erano un volontario di Emergency, il medico Claudio Lupo, e il
presidente Centro studi e ricerca per la pace dell'università di Trieste,
Andrea Licata. La terza relazione, di Giuseppe Carollo del Rdb-Cub, era invece
incentrata sulle tutele per i lavoratori della caserma Ederle. La storia del
comitato è all’origine caratterizzata da vari tentativi di dissuasione da parte
di alcuni cittadini ("Il quartiere ospita la caserma Ederle, conviviamo
con gli americani, bisogna accontentarli") fino alle accuse di
ideologismo. "In realtà non c'è niente di meno ideologico che schierarsi
contro le basi come strumento di guerra", è stato detto, "Noi teniamo
presenti anche i motivi urbanistici e ambientali del Dal Molin ma la prima
causa della nostra opposizione è la guerra". Il comitato inoltre è l’unico
a ribadire con forza, ed in tutte le occasioni, l’importanza di arrivare ad uno
sciopero generale contro la nuova base Usa e a lanciare l’appello a tutti i
militanti di Cgil, Cub e del sindacalismo di base affinché spingano le
rispettive organizzazioni ad unirsi per uno sciopero unitario.
Il "Comitato degli abitanti e dei lavoratori di
Vicenza Est" è presente a tutte le iniziative dell’Assemblea Permanente ed
è sorto sulla base di una raccolta firme in calce al seguente appello: "Consapevoli
che qualsiasi base militare è strumento di guerra, che le vittime della guerra
sono soprattutto civili e bambini, che la guerra distrugge l’ambiente ed opprime
i popoli, le sottoscritte cittadine e i sottoscritti cittadini, che vivono e/o
lavorano a Vicenza Est, ritengono necessaria la costituzione di un Comitato che
s’impegni per: respingere il progetto della costruzione di una nuova base
militare nell’area dell’aeroporto Dal Molin; respingere qualsiasi altra ipotesi
di sito alternativo per un altro progetto; chiedere la smilitarizzazione del
territorio con la riconversione della caserma Ederle ad usi civili e la
trasformazione degli attuali posti di lavoro in lavori stabili e sicuri. Costituiamo,
quindi, il ‘Comitato degli abitanti e dei lavoratori di Vicenza Est - Contro la costruzione di una nuova base a
Vicenza - Per la riconversione della Caserma Ederle ad usi civili’".
Un’importante battaglia è stata condotta anche all’interno
del movimento perché fosse prevista anche una partenza dalla caserma Ederle per
la manifestazione del 17 febbraio. La richiesta si è scontrata con il
categorico rifiuto da parte di alcuni comitati e dell’assemblea permanente. Per
non creare ulteriori divisioni all'interno del movimento, oltre a quelle già
esistenti, si è deciso di accettare il no (si sarebbe potuto organizzare
altrimenti una partenza autonoma). Ma le battaglie sono utili anche quando sono
difficili e si perdono. Le iniziative recenti, ad esempio lo studio
dell'ing. Vivian (esponente di uno dei comitati) sull'ipotesi di destinazione
ad uso civile sia di Ederle che del Dal Molin, ed il presidio organizzato
proprio dall’assemblea permanente il 13 febbraio davanti la Ederle, ci hanno fatto capire
che da parte dell'intero movimento sta sorgendo una maggiore
consapevolezza sul legame esistente fra Dal Molin ed Ederle. Inoltre,
in conclusione della grandiosa manifestazione del 17 febbraio, uno degli
interventi dal palco è stato affidato proprio ad un esponente del Comitato "Vicenza
Est" (chi scrive) e così è stato possibile introdurre fra i temi della
manifestazione quello della riconversione della Ederle. Alcuni striscioni
presenti al corteo erano stati preparati proprio sull’argomento. Inoltre su uno
di questi era scritto: Desertion
from war is an act of courage and freedom ("La diserzione della guerra
è un atto di coraggio e libertà").
Qual è stato il ruolo del PdAC nel movimento?
Il PdAC è presente nel movimento attraverso l’impegno quotidiano dei suoi militanti, che rivestono un ruolo sicuramente di avanguardia e di spinta verso una radicalizzazione della lotta, ma anche di collaborazione per la costruzione di nuovi spazi di analisi e di proposta (ne è un esempio il comitato "Vicenza Est"). Massima disponibilità al positivo rapporto personale con tutti, ma, al tempo stesso, massima chiarezza nelle proposte e nell’analisi con una continua richiesta da parte nostra di costruzione di un fronte unico con gli altri soggetti: un fronte unico contro la guerra, contro il progetto Dal Molin, per la riconversione della Ederle e di tutte le basi militari.
La battaglia contro il Dal Molin non è finita certo il 17. Quale sarà la lotta del PdAC nelle prossime settimane?
Cercheremo di rafforzare il Comitato "Vicenza Est" che, secondo noi, riveste un ruolo avanzato all’interno del movimento proprio per la sua specificità: quella di porre con determinazione, oltre al no al Dal Molin, la questione della riconversione delle basi e il no alla guerra. Nel contempo cercheremo di continuare ad essere parte attiva dell’assemblea permanente e di collaborare con i vari comitati che si stanno formando sul territorio. Cercheremo, inoltre, di non far dimenticare a nessuno che la nostra controparte è il governo e continueremo a chiedere ai lavoratori di premere per lo sciopero generale contro questo governo di guerra.