Tav: cosa bolle nella pentola dell'Unione?
Tav: cosa bolle nella pentola dell’Unione?
Cristiano Biorci
L’ipotesi alternativa
Potrebbe sembrare una fase di stallo. Solo apparentemente, solo per il silenzio dei maggiori organi d’informazione, perché in realtà l’effetto è quello del fuoco sotto la cenere. I lavori in Val Susa sono bloccati dallo scorso dicembre, quando il cantiere fu posto sotto sequestro dopo la grande contestazione del popolo No Tav. Al momento in cui scriviamo, è in programma un’incontro tra le parti fissato per il 13 novembre; all’incontro i sindaci della Val Susa dicono di non volere partecipare, destando forte preoccupazione nell’assessore ai trasporti della regione Piemonte, Daniele Borioli. Un primo incontro, fissato per lo scorso 27 ottobre, è saltato per precedenti impegni del presidente del Consiglio, Romano Prodi.
A non far dormire Borioli è anche l’ultima novità sul progetto Tav, ossia l’ipotesi del passaggio della linea ferroviaria in Val Sangone e non in Val Susa. Proprio le voci su questa ipotesi hanno fatto, lo dice lo stesso Borioli, “ritornare un clima di conflittualità tra gli amministratori della Val Susa che ha portato all’annuncio della loro non partecipazione alla nuova riunione della conferenza dei servizi”. La presidente della Regione, Bresso, dichiara invece: “Mentre noi parliamo e parliamo i concorrenti si moltiplicano e si mobilitano”. Parole allarmanti e allarmate anche queste, ma che significa tutto ciò? Il pericolo a cui allude la Bresso arriva dalla Svizzera, dove la ferrovie hanno disegnato un progetto per collegare ad alta velocità la galleria del Leuteschberg, Ginevra e Lione. Dal tunnel si taglierebbe poi a nord confluendo nel famoso Corridoio 5 che arriva a Kiev. Davanti a questa "minacciosa" ipotesi elvetica, è stato escogitato un tracciato alternativo, secondo cui la linea ferroviaria verrebbe deviata per l’appunto in Val Sangone, toccando il centro logistico di Orbassano per poi entrare in città. E’ inoltre prevista la realizzazione di una nuova galleria che esce sopra Chiomonte anziché a Venaus, andando così ad evitare la realizzazione del famigerato tunnel che spacca la Val Susa.
A questo punto torniamo alle parole di Borioli, parole che se da una parte lasciano di stucco, dall’altra fanno capire molte cose: “Se qualcuno pensa di isolare o eliminare attraverso l’ipotesi alternativa la Val di Susa, allora vuol dire che non ha visto la cartina geografica” e, aggiunge, qualunque soluzione può arrivare dal coinvolgimento dei valsusini e non mettendoli in un angolo”. Come a dire che non ci sono altre soluzioni e che le popolazioni delle valli dovranno solo decidere “come” ingoiare il boccone. Da parte delle istituzioni ci sarà la volontà di addolcire il più possibile questo boccone, che rimane comunque velenoso.
Due valli, due linee
Ma che si dice in casa “dell’alternativa”, ossia in Val Sangone? Un noto politico della zona, Osvaldo Napoli, onorevole di Forza Italia e “supersindaco” della Val Sangone, ha fatto arrivare segnali positivi alle istituzioni, affermando di essere “pronti al dialogo nell’interesse generale del Paese”. E’ chiaro che tale atteggiamento vuole essere in netta contrapposizione a quello della Val Susa, i cosiddetti “professionisti del no”. Pare ci siano, dalle parole dell’On. Napoli, “550 mila euro che il governo ha messo a disposizione alla Provincia di Torino per elaborare un piano strategico. Soldi che non sono stati spesi e che sarebbe un delitto contro le nostre comunità far evaporare solo per un capriccio o un pregiudizio ideologico contro la Tav”. In un articolo pubblicato su un numero precedente di questo giornale (Progetto comunista, n° 3, maggio 2006), abbiamo fatto un’analisi abbastanza dettagliata delle ragioni del no, con particolare attenzione agli effetti devastanti che avrebbe la Tav in Val Susa. Non vogliamo essere ripetitivi, quindi invitiamo chi non l’avesse fatto ad andare a leggere quell’articolo o visitare i siti dei comitati No Tav; cerchiamo però di rendere l’idea con sole poche parole: uranio, amianto, cancro al polmone, sconvolgimento idrogeologico. Se vogliamo, chiamiamo pure tutto ciò “capricci” e “pregiudizi”.
Popolo No Tav e politiche dell’Unione
Ma cosa succede invece in casa degli oppositori al progetto? Il presidente della Comunità montana della Bassa Val Susa, Antonio Ferrentino, ha reagito in maniera forte e decisa riguardo alla questione del denaro destinato alla Provincia di Torino: “Quei soldi se li possono anche tenere… Vogliono la Val Sangone, allora passino a raccogliere le tredici casse di documenti sul progetto della Val di Susa per mandarli alla raccolta differenziata”. Sul progetto alternativo Ferrentino non si esprime, ribadisce però il concetto che “per soddisfare l’aumento del traffico basta il potenziamento della linea ferroviaria esistente”.
La sua parte la sta facendo anche Medicina Democratica, movimento di lotta per la salute, che ha pubblicato sull’ultimo numero del proprio giornale un dettagliato dossier No Tav: dalle proposte alternative ai pericoli ambientali, dai materiali pericolosi ai profili sanitari, dai finanziamenti all’analisi politica ed altro ancora. Anche questo, quello dell’informazione, è un modo di non abbassare mai la guardia; il problema sta invece in coloro che fanno poco o nulla: i partiti. C’è infatti la solita situazione all’interno dell’Unione, con Ulivo, Rosa nel Pugno e Italia dei Valori che cono favorevoli alla realizzazione dell’opera “con tutte le garanzie di carattere ambientale e di salute per i cittadini”.
Sono invece formalmente contrari Prc, Pdci e Verdi (che un anno fa scesero in piazza al fianco degli abitanti delle valli); facendo attenzione a non alzare troppo la voce, nel Comune di Torino hanno chiesto l’istituzione di una commissione d’inchiesta sui costi di tutta la rete ad alta velocità italiana. Posizione “dura e pura”, viene de pensare ironicamente, lo si capisce anche dalla risposta ricevuta da parte del capogruppo dell’Ulivo, che si è detto “interessato ad approfondire” auspicando che tutto ciò possa diventare una possibilità di “intesa tra le varie anime del centrosinistra”. È il solito ritornello, che mette in evidenza ancora una volta la vera natura delle politiche dell’Unione (borghese e riformista) e quella di coloro che avevano l’ambizione di spostare a sinistra le politiche dell’Unione stessa, ma che sono invece un piccolo partito degli slogan e nulla più. È chiaro che bisogna andare avanti da soli, lasciando costoro e le loro chiacchiere nelle stanze del Palazzo: perché quello è il loro posto, e non la piazza. Lo sanno bene quelli del “Patto Nazionale di Mutuo Soccorso”, comitato sorto in difesa del territorio e contro le grandi opere inutili, che si sono riuniti a Roma lo scorso 14 ottobre ed hanno diffuso un documento nel quale è scritto: “Nessuna differenza tra centrodestra e centrosinistra”. L’appuntamento è per il 8-9-10 dicembre in Val Susa, in occasione dell’anniversario della liberazione di Venaus. Sempre sarà düra!
Cristiano Biorci
L’ipotesi alternativa
Potrebbe sembrare una fase di stallo. Solo apparentemente, solo per il silenzio dei maggiori organi d’informazione, perché in realtà l’effetto è quello del fuoco sotto la cenere. I lavori in Val Susa sono bloccati dallo scorso dicembre, quando il cantiere fu posto sotto sequestro dopo la grande contestazione del popolo No Tav. Al momento in cui scriviamo, è in programma un’incontro tra le parti fissato per il 13 novembre; all’incontro i sindaci della Val Susa dicono di non volere partecipare, destando forte preoccupazione nell’assessore ai trasporti della regione Piemonte, Daniele Borioli. Un primo incontro, fissato per lo scorso 27 ottobre, è saltato per precedenti impegni del presidente del Consiglio, Romano Prodi.
A non far dormire Borioli è anche l’ultima novità sul progetto Tav, ossia l’ipotesi del passaggio della linea ferroviaria in Val Sangone e non in Val Susa. Proprio le voci su questa ipotesi hanno fatto, lo dice lo stesso Borioli, “ritornare un clima di conflittualità tra gli amministratori della Val Susa che ha portato all’annuncio della loro non partecipazione alla nuova riunione della conferenza dei servizi”. La presidente della Regione, Bresso, dichiara invece: “Mentre noi parliamo e parliamo i concorrenti si moltiplicano e si mobilitano”. Parole allarmanti e allarmate anche queste, ma che significa tutto ciò? Il pericolo a cui allude la Bresso arriva dalla Svizzera, dove la ferrovie hanno disegnato un progetto per collegare ad alta velocità la galleria del Leuteschberg, Ginevra e Lione. Dal tunnel si taglierebbe poi a nord confluendo nel famoso Corridoio 5 che arriva a Kiev. Davanti a questa "minacciosa" ipotesi elvetica, è stato escogitato un tracciato alternativo, secondo cui la linea ferroviaria verrebbe deviata per l’appunto in Val Sangone, toccando il centro logistico di Orbassano per poi entrare in città. E’ inoltre prevista la realizzazione di una nuova galleria che esce sopra Chiomonte anziché a Venaus, andando così ad evitare la realizzazione del famigerato tunnel che spacca la Val Susa.
A questo punto torniamo alle parole di Borioli, parole che se da una parte lasciano di stucco, dall’altra fanno capire molte cose: “Se qualcuno pensa di isolare o eliminare attraverso l’ipotesi alternativa la Val di Susa, allora vuol dire che non ha visto la cartina geografica” e, aggiunge, qualunque soluzione può arrivare dal coinvolgimento dei valsusini e non mettendoli in un angolo”. Come a dire che non ci sono altre soluzioni e che le popolazioni delle valli dovranno solo decidere “come” ingoiare il boccone. Da parte delle istituzioni ci sarà la volontà di addolcire il più possibile questo boccone, che rimane comunque velenoso.
Due valli, due linee
Ma che si dice in casa “dell’alternativa”, ossia in Val Sangone? Un noto politico della zona, Osvaldo Napoli, onorevole di Forza Italia e “supersindaco” della Val Sangone, ha fatto arrivare segnali positivi alle istituzioni, affermando di essere “pronti al dialogo nell’interesse generale del Paese”. E’ chiaro che tale atteggiamento vuole essere in netta contrapposizione a quello della Val Susa, i cosiddetti “professionisti del no”. Pare ci siano, dalle parole dell’On. Napoli, “550 mila euro che il governo ha messo a disposizione alla Provincia di Torino per elaborare un piano strategico. Soldi che non sono stati spesi e che sarebbe un delitto contro le nostre comunità far evaporare solo per un capriccio o un pregiudizio ideologico contro la Tav”. In un articolo pubblicato su un numero precedente di questo giornale (Progetto comunista, n° 3, maggio 2006), abbiamo fatto un’analisi abbastanza dettagliata delle ragioni del no, con particolare attenzione agli effetti devastanti che avrebbe la Tav in Val Susa. Non vogliamo essere ripetitivi, quindi invitiamo chi non l’avesse fatto ad andare a leggere quell’articolo o visitare i siti dei comitati No Tav; cerchiamo però di rendere l’idea con sole poche parole: uranio, amianto, cancro al polmone, sconvolgimento idrogeologico. Se vogliamo, chiamiamo pure tutto ciò “capricci” e “pregiudizi”.
Popolo No Tav e politiche dell’Unione
Ma cosa succede invece in casa degli oppositori al progetto? Il presidente della Comunità montana della Bassa Val Susa, Antonio Ferrentino, ha reagito in maniera forte e decisa riguardo alla questione del denaro destinato alla Provincia di Torino: “Quei soldi se li possono anche tenere… Vogliono la Val Sangone, allora passino a raccogliere le tredici casse di documenti sul progetto della Val di Susa per mandarli alla raccolta differenziata”. Sul progetto alternativo Ferrentino non si esprime, ribadisce però il concetto che “per soddisfare l’aumento del traffico basta il potenziamento della linea ferroviaria esistente”.
La sua parte la sta facendo anche Medicina Democratica, movimento di lotta per la salute, che ha pubblicato sull’ultimo numero del proprio giornale un dettagliato dossier No Tav: dalle proposte alternative ai pericoli ambientali, dai materiali pericolosi ai profili sanitari, dai finanziamenti all’analisi politica ed altro ancora. Anche questo, quello dell’informazione, è un modo di non abbassare mai la guardia; il problema sta invece in coloro che fanno poco o nulla: i partiti. C’è infatti la solita situazione all’interno dell’Unione, con Ulivo, Rosa nel Pugno e Italia dei Valori che cono favorevoli alla realizzazione dell’opera “con tutte le garanzie di carattere ambientale e di salute per i cittadini”.
Sono invece formalmente contrari Prc, Pdci e Verdi (che un anno fa scesero in piazza al fianco degli abitanti delle valli); facendo attenzione a non alzare troppo la voce, nel Comune di Torino hanno chiesto l’istituzione di una commissione d’inchiesta sui costi di tutta la rete ad alta velocità italiana. Posizione “dura e pura”, viene de pensare ironicamente, lo si capisce anche dalla risposta ricevuta da parte del capogruppo dell’Ulivo, che si è detto “interessato ad approfondire” auspicando che tutto ciò possa diventare una possibilità di “intesa tra le varie anime del centrosinistra”. È il solito ritornello, che mette in evidenza ancora una volta la vera natura delle politiche dell’Unione (borghese e riformista) e quella di coloro che avevano l’ambizione di spostare a sinistra le politiche dell’Unione stessa, ma che sono invece un piccolo partito degli slogan e nulla più. È chiaro che bisogna andare avanti da soli, lasciando costoro e le loro chiacchiere nelle stanze del Palazzo: perché quello è il loro posto, e non la piazza. Lo sanno bene quelli del “Patto Nazionale di Mutuo Soccorso”, comitato sorto in difesa del territorio e contro le grandi opere inutili, che si sono riuniti a Roma lo scorso 14 ottobre ed hanno diffuso un documento nel quale è scritto: “Nessuna differenza tra centrodestra e centrosinistra”. L’appuntamento è per il 8-9-10 dicembre in Val Susa, in occasione dell’anniversario della liberazione di Venaus. Sempre sarà düra!