Partito di Alternativa Comunista

Il contratto collettivo nazionale di lavoro

Il contratto collettivo nazionale di lavoro

Una ricostruzione storica, per capire l'attuale messa in discussione

 

Antonino Marceca

 

Karl Marx nel testo Lavoro salariato e capitale così descrive la condizione operaia nel sistema capitalistico: “La forza-lavoro è dunque una merce, che il suo possessore, il salariato, vende al capitale. Perché la vende? per vivere”. E' una merce particolare proprio perchè produce plusvalore: profitto per il capitalista. Il prezzo della forza-lavoro in assenza di contrattazione collettiva è vincolato alla contrattazione individuale, ma questa rende l’operaio solo di fronte al capitalista e quindi ricattabile.

Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (Ccnl) è quindi un accordo stipulato tra organizzazioni padronali e sindacati dei lavoratori per regolare questo rapporto antagonistico per un periodo determinato. Il Ccnl prescrive delle condizioni valide per tutti i lavoratori di una determinata categoria, questo fatto è di estrema importanza perchè tutela anche i lavoratori non sindacalizzati. I Ccnl attuali hanno una durata di quattro anni per la parte normativa e due anni per la parte economica. Se durante una vertenza non si perviene a un accordo, il ministro del lavoro può decidere un “lodo governativo” e imporre le condizioni del contratto. Il Ccnl fino ad ora è stato sovraordinatore rispetto alla contrattazione aziendale, pertanto questa può derogare rispetto a quella nazionale solo in senso più favorevole ai lavoratori. Ne deriva che la contrattazione collettiva e il suo prodotto, il Ccnl, è uno strumento di unità e solidarietà tra i lavoratori, l’unico strumento che nel sistema capitalistico può realmente migliorare le condizioni salariali e normative. Ma è bene sottolineare che si tratta di uno strumento riformistico soggetto ai rapporti di forza tra le classi, tant'è vero che oggi, che i rapporti di forza si sono spostati a vantaggio del padronato, il contratto collettivo è messo in discussione.

 

Alle origini del contratto

 

In Italia le principali federazioni sindacali dell’industria e della agricoltura si costituirono nel 1901 e con esse le prime piattaforme sindacali di categoria. All’inizio del secolo scorso il combinarsi tra offensiva padronale ed eccidi di Stato portò il 16 settembre 1904, per iniziativa della Camera del Lavoro di Milano, al primo sciopero generale nazionale. La necessità dell’unità di classe tra tutte le categorie condusse a inizio ottobre del 1906, per iniziativa della Fiom, al Congresso costitutivo della Cgdl, la cui maggioranza riformista indirizzò il sindacato verso i seguenti obiettivi: l’intervento per riforme legislative e sociali e l’introduzione di un sistema contrattuale nelle relazioni industriali basato sul principio della contrattazione collettiva.

Qualche settimana dopo la nascita della Cgdl fu siglato il primo Contratto Collettivo di Lavoro tra la Fiom e la Società automobilistica Itala di Torino che prevedeva minimi salariali e il riconoscimento della Commissione Interna. Nel luglio 1906 nacque a Torino la Lega Industriali, prima organizzazione padronale intercategoriale. La controffensiva padronale portò dopo il 1908 allo smantellamento dell’accordo del 1906. Nel corso del biennio rosso 1919-1920 la mobilitazione operaia riprese con questi obiettivi: forti aumenti salariali contro il caro-vita, otto ore di lavoro, 12 giorni di ferie, riconoscimento delle commissioni interne, sostituzione dei contratti regionali firmati durante la guerra con uno nazionale. Il movimento assunse carattere preinsurrezionale, si costituirono i comitati di fabbrica e si occuparono le officine, ma per responsabilità del Partito socialista e della burocrazia sindacale la lotta terminò con la sconfitta operaia e lodo ministeriale. Nel 1926 il fascismo, dopo aver distrutto le organizzazioni operaie, riconobbe il sindacato fascista quale organo di diritto pubblico con la facoltà di stipulare contratti validi erga omnes, ponendo fine alla libertà sindacale. Il conflitto operaio riprese con gli scioperi nella primavera del 1943 e 1944, le commissioni interne vennero ricostruite. Dopo la firma del Patto di Roma il 3 giugno 1944, il primo congresso della Cgil si tenne a Napoli tra gennaio e febbraio 1945, dopo una scissione nacqero nel 1950 la Cisl e poi la Uil.

 

I modelli sindacali di Cgil e Cisl

 

Nel secondo dopoguerra si delinearono due modelli coontrattuali: La Cgil presentò un modello centralizzato con prevalenza del livello interconfederale rispetto al livello di categoria, del livello territoriale rispetto al livello aziendale. Questo modello si fece portatore da un lato della ricostruzione capitalistica attraverso “pace sociale”, “tregua salariale”, “sblocco dei licenziamenti”, dall’altro di una perequazione approssimativa tra i lavoratori di tutte le categorie e di tutte le regioni, anche attraverso l’introduzione dell’indennità di contingenza (scala mobile) in un quadro di gabbie salariali territoriali e per gruppi merceologici industriali. Il modello Cisl riconosceva una comunità di interesse fra lavoratori e imprese, proponeva la partecipazione del sindacato ai consigli di amministrazione delle aziende e intendeva sostituire il contratto nazionale con una contrattazione aziendale subordinata ai risultati della produttività. In quest'ottica, il contratto di categoria sarebbe stato destinato a mera registrazione dei minimi salariali e normativi, di raccordo tra i due livelli, mentre l’accordo-quadro avrebbe acquisito la funzione di controllo centralizzato del sistema contrattuale e di raccordo con la politica economica concordata tra governo e parti sociali. Una concezione del sindacato che la recente Conferenza di organizzazione della Cgil dopo oltre mezzo secolo ha fatto propria.

 

Il nuovo modello contrattuale

 

IL 7 maggio 20'08 Cgil, Cisl e Uil hanno elaborato un testo unitario sulla riforma del modello contrattuale, il testo verrà portato al tavolo dove siederanno le associazioni padronali e i rappresentanti del governo Berlusconi per ulteriori mediazioni al ribasso.

Si tratta di una modifica del modello contrattuale concertativo, nato dai famigerati accordi del luglio 1992-1993, esattamente opposta a quella che servirebbe ai lavoratori e alle lavoratrici per aumentare salari, diritti e tutele: un modello contrattuale e sindacale conflittuale. Il nuovo modello contrattuale assume i contenuti programmatici di Confindustria e, nei fatti, porta a compimento il protocollo Damiano sul mercato del lavoro del 23 luglio 2007. I contratti nazionali, pubblici e privati, saranno triennali attraverso il "superamento del biennio economico (…) unificando così la parte economica e normativa", un meccanismo che riduce ulteriormente i salari. Il Ccnl, oltre ad assumere i caratteri di un "centro regolatore dei sistemi contrattuali", affida il "sostegno" del salario al concetto di "inflazione realisticamente prevedibile", in continuità quindi con il concetto di "inflazione programmata" finora utilizzato e che ha portato i salari italiani ai livelli più bassi di tutta l’Unione Europea. In questo modo viene espunta la funzione del Contratto nazionale: la difesa dei diritti e delle tutele, la lotta per l'aumento salariale e la funzione solidaristica tra tutti i lavoratori; infatti solo nel 10% delle aziende (meno del 30% dei lavoratori) si effettua la contrattazione di secondo livello, mentre in tante aziende manca qualsiasi tutela sindacale.

La contrattazione di secondo livello (aziendale e territoriale), rafforzata da misure di “detassazione” e “decontribuzione”, viene definita “accrescitiva”. Un concetto che viene subito esplicitato subordinando eventuali quote di salario agli obiettivi aziendali: produttività, qualità, redditività, efficienza, efficacia.

Dopo aver costruito un impianto di totale subordinazione del lavoro salariato al capitale, la burocrazia sindacale pone i paletti a difesa del monopolio della rappresentanza (cioè quali organizzazioni sindacali hanno diritto a sedere al tavolo delle trattative): per il pubblico impiego viene utilizzata l’attuale normativa, per il settore privato viene indicato il Cnel per la certificazione utilizzando i dati associativi rilevati dall’Inps e i consensi elettorali risultanti ai verbali elettorali delle Rsu.

Per quanto riguarda l’approvazione degli “accordi bidone”, verrà lasciata ampia autonomia alle categorie; per quanto riguarda gli accordi confederali verrà seguito il meccanismo truffaldino praticato per l’approvazione dell’accordo del 23 luglio 2007 facendo votare pensionati e lavoratori, ma senza garanzie per chi dissente. E questa la chiamano democrazia sindacale! Intanto la nuova presidente degli industriali, Emma Marcegaglia, ha dichiarato che di accordi territoriali non se ne parla, mentre preferisce quelli aziendali e individuali, ha elogiato il governo Berlusconi per la detassazione degli straordinari e per le voci del salario variabile (premi e incentivi). Il salario di merito ci riporta indietro agli anni ‘50 con le gabbie salariali, l'individualismo, il crumiraggio, il cottimo.

 

Costruiamo un fronte unico di lotta

Di fronte a questo scenario è necessario indicare una strada di resistenza e di lotta che respinga le politiche padronali, della burocrazia sindacale e del governo.

La sinistra Cgil - Rete 28 aprile, Lavoro e Società, maggioranza Fiom - seppur con evidenti contraddizioni ha respinto il nuovo modello contrattuale, ma questo dissenso per essere credibile deve essere portato nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro. L'assemblea del 17 maggio a Milano promossa da Rdb Cub, Conf. Cobas, SdL ha segnato la volontà di stringere le file e lottare con più forza contro il governo e il padronato. Riteniamo si tratti di fatti importanti, un primo passo per costruire un fronte unico di lotta - operaio e popolare, sindacale e politico - che coinvolga tutte le forze del movimento operaio, le forze politiche della sinistra di classe e tutto il sindacalismo rivendicativo e conflittuale. Un fronte unico da costruire nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nei quartieri popolari, sulla base di una piattaforma unificante che sia in grado di unire lavoratori, precari, immigrati, disoccupati, studenti: l'obiettivo è quello della cacciata del governo Berlusconi, dal versante dei lavoratori e della mobilitazione di massa.

 

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