COSTRUIAMO UNA SINISTRA RIVOLUZIONARIA
Dopo la scomparsa della sinistra governista che faceva gli interessi dei padroni
COSTRUIAMO UNA SINISTRA RIVOLUZIONARIA
Ripartiamo dalle lotte per cacciare Berlusconi
Fabiana Stefanoni
Il tempo di raccogliere i frutti di quanto si è seminato è infine arrivato. Dopo che per due anni la sinistra governista - Rifondazione comunista, Verdi, Comunisti Italiani in primis - ha sostenuto attivamente e diligentemente il governo di Confindustria, i nodi sono arrivati al pettine. Le elezioni politiche hanno sancito la morte della Sinistra Arcobaleno, il cartello elettorale che raggruppava le forze della sinistra radicale di governo e che ha candidato alla presidenza del Consiglio Fausto Bertinotti. A nulla sono valsi i disperati tentativi di riprendere credibilità allo scoccare dell'ultima ora: i lavoratori, a differenza di quello che pensano ministri e burocrati riformisti, non hanno memoria breve. Non basta qualche distinguo nell'aula parlamentare alla vigilia del voto per cancellare due anni di sostegno incondizionato e appassionato a finanziarie lacrime e sangue, all'aumento delle spese militari, al finanziamento delle missioni coloniali, all'aumento dell'età pensionabile, ai taglia alla scuola pubblica e ai finanziamenti alle scuole private, a decreti razzisti. La fedeltà di Rifondazione comunista e delle altre forze dell'Arcobaleno a tutte le manovre padronali ha portato prima allo sfaldamento del quadro militante di quei partiti, per poi tradursi persino nella perdita di un bacino elettorale che, seppur con varie oscillazioni, ruotava attorno all'11% (sommando le percentuali ottenute dai partiti che compongono l'Arcobaleno alle scorse elezioni politiche). Oggi la Sinistra Arcobaleno si ferma al 3% e perde ogni rappresentanza parlamentare. Al di là delle sirene del voto utile di Veltroni - che avranno sicuramente attratto parte di quell'elettorato, incapace, a causa di un'omogeneità di fatto, di distinguere tra Pd e socialdemocrazia - gran parte dei delusi dalle politiche governiste ha optato per l'astensione.
Costruiamo le lotte per cacciare il governo reazionario
Le politiche antioperaie del governo Prodi, con la conseguente perdita del potere d'acquisto dei salari e l'impoverimento di fette crescenti della popolazione, hanno aperto la strada alla vittoria della destra populista e reazionaria. L'ampia affermazione, anche tra gli operai, della Lega Nord - che non a caso, oltre a riproporre la solita retorica xenofoba, ha fatto appello al voto dei lavoratori tartassati dal precedente governo - è il frutto acerbo di due anni di politiche di sostegno ai profitti di pochi e di sistematico attacco ai lavoratori. La collaborazione attiva a queste politiche da parte della sinistra riformista, Rifondazione in primis, oltre a decretarne il fallimento, ha privato i lavoratori di un punto di riferimento per le loro rivendicazioni: la politica concertativa delle burocrazie sindacali di Cgil, Cisl e Uil in combutta con la cosiddetta sinistra radicale di governo ha determinato il più basso numero di ore di sciopero, a fronte del più pesante attacco ai diritti dei lavoratori. Addirittura, si è arrivati a mettere in discussione conquiste storiche della classe operaia, come il contratto collettivo nazionale di lavoro. Tutto questo è avvenuto senza nemmeno l'ombra di un grande sciopero generale (se escludiamo quelli indetti dal sindacalismo di base, necessariamente minoritari).
Si tratta, fin da subito, di rilanciare la battaglia per cacciare il governo delle destre, costruire comitati di lotta in tutti i luoghi di lavoro e nei quartieri per fermare gli scontati attacchi del governo, con l'obiettivo di un grande sciopero generale per l'aumento dei salari, la cancellazione delle leggi precarizzanti, l'aumento delle pensioni. Ma, per costruire le lotte e contrastare il radicamento della destra populista, serve un partito comunista con influenza di massa, che oggi non esiste. Occorre un partito rivoluzionario che indichi come unica via d'uscita credibile dalla crisi l'abbattimento del sistema capitalistico, la costruzione di un governo dei lavoratori, che dia ai lavoratori il controllo dell'economia e della produzione; che intervenga nelle lotte attuali - per il salario, le pensioni, le condizioni di lavoro - per legarle a quella prospettiva di alternativa di società.
Dopo il fallimento del riformismo, serve una sinistra rivoluzionaria
Ora che l'Arcobaleno è morto, assisteremo al risorgere di cadaveri semistalinisti pronti a impugnare la falce e martello per "ricostruire una sinistra comunista": già il giorno dopo le elezioni, i vari Diliberto e Rizzo si ricordavano che in Italia esistono "compagni comunisti" cui dare una rappresentanza politica. Dopo aver percorso, con esito fallimentare, la strada del riformismo, si pensa di ingannare i lavoratori procedendo nello stesso verso ma con una veste nuova. Di fatto, si ripropone la stessa minestra, quella della collaborazione di classe: guadagnare i lavoratori alla prospettiva di un nuovo governo dei padroni. Il vero fallimento della Sinistra Arcobaleno non sta tanto nell'esito elettorale, ma nel fatto che dopo due anni di governo Prodi i rapporti di forza si sono spostati a netto vantaggio dei padroni, che hanno incassato i più alti profitti della storia (basta pensare agli incassi della Fiat, che ha di recente rivendicato i più alti utili della storia).
Il settarismo e l'autoreferenzialità di Sinistra critica e del partito di Ferrando hanno fatto in modo di sprecare un'occasione storica per la sinistra anticapitalista: quella di presentare un cartello elettorale o una lista comune, su una piattaforma di classe, a sinistra dell'Arcobaleno, come da noi proposto. Questo avrebbe permesso di offrire ai lavoratori un'alternativa elettorale credibile ai tanti lavoratori delusi dalle politiche filopadronali dell'Arcobaleno. Soprattutto, avrebbe permesso a tutti di ripartire "in piedi" per costruire le lotte dei mesi futuri. Così, Sc e Pcl, nonostante gli "inciuci" elettorali con parlamentari che hanno votato guerre e finanziarie, si sono assestate, nonostante i proclami alla vigilia del voto, su un misero 0,4-0,5%. Ovviamente, la caricatura di una sinistra comunista che si presenta confusa, divisa e con supposizioni di autosufficienza non ha convinto i lavoratori, che hanno optato per l'astensione.
Si tratta ora di ripartire per offrire ai lavoratori, tartassati da decenni di politiche antioperaie, una sinistra rivoluzionaria, indisponibile ad alleanze di governo e a compromessi coi padroni, che sappia intervenire, con militanti in carne e ossa, nei luoghi di lavoro e di studio, nei sindacati, nei movimenti di lotta per una prospettiva socialista, l'unica prospettiva credibile di fronte alle spirale di guerre e miseria in cui il capitalismo sta trascinando l'umanità. Non servono riedizioni del riformismo, in salsa stalinista o riformista, ma occorre un partito trotskista, di militanti, che sappia coniugare il rigore e la serietà nella costruzione con la capacità tattica di intervenire in un quadro politico e sociale nuovo. Il nostro impegno sarà in questa direzione, a partire dalla costruzione di una forte opposizione al governo Berlusconi.