Pcl: le
lezioni di un fallimento
Lettera aperta
alle opposizioni interne
Ci rivolgiamo con questa lettera ai
compagni che al recente Congresso del Pcl hanno sostenuto la posizione
alternativa (piattaforma B) a quella del gruppo dirigente maggioritario di
Ferrando e Grisolia; ma anche ai non pochi compagni che nei dieci anni di vita
del Pcl sono entrati in questo partito e ne sono più o meno rapidamente usciti,
in qualche caso smettendo almeno temporaneamente la militanza per la delusione
subita. Ma questa lettera si rivolge anche a chi non ha conosciuto direttamente
il Pcl, perché possa farsi un giudizio non solo sulla base delle nostre
valutazioni ma anche sulla base di quanto scrivono compagni che vi hanno
militato o ancora vi militano.
Faremo riferimento principalmente ai documenti
congressuali prodotti dai compagni della piattaforma B al Congresso del Pcl del
2017 e ai testi della Frazione (Frazione Internazionalista Rivoluzionaria, Fir)
che si è formalizzata in questi giorni all'interno del Pcl contemporaneamente al
costituirsi anche di una Tendenza sempre in opposizione al gruppo dirigente di
Ferrando e Grisolia.
I testi sono stati pubblicati il 1 aprile 2017 (1) sul
sito del Pcl a questo indirizzo (link che al momento in cui scriviamo è ancora
attivo): www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=5447
Metodi di
lotta politica estranei al trotskismo
Il Pdac e il Pcl sono
nati dieci anni fa da una rottura in due di Progetto Comunista, opposizione di
sinistra di Rifondazione Comunista.
Per parte nostra abbiamo in varie
occasioni polemizzato con il Pcl: non per una qualche pulsione settaria o "per
astio", come ci è stato più volte rinfacciato dai dirigenti del Pcl: lo abbiamo
fatto semplicemente perché la polemica politica è il normale strumento di
confronto tra organizzazioni che si richiamano al comunismo (tanto più quando si
rivendicano "trotskiste").
La nostra è sempre stata una polemica
politica, cioè basata sulla critica di posizioni politiche e
programmatiche. Anche il gruppo dirigente del Pcl ha pubblicato numerosi testi
di polemica contro il Pdac ma basati su pochi argomenti politici e su molti
"argomenti" calunniosi; non solo: per evitare di rispondere nel merito
delle questioni politiche, ha sempre lamentato un presunto "accanimento per
astio" del Pdac contro il Pcl, tale per cui quando la polemica parte dal Pcl è
legittima, mentre quando parte dal Pdac è "accanimento settario".
E'
prevedibile che i dirigenti del Pcl faranno lo stesso con questo nostro
articolo: cercheranno cioè di non rispondere nel merito delle questioni
poste. E si dirà che ci intromettiamo nelle questioni di un altro partito: come
se la lotta politica potesse restare un fatto privato, interno a ciascuna
organizzazione; come se la gran parte dei testi di Lenin e di Trotsky non
fossero polemiche programmatiche, politiche e organizzative con altri partiti e
gruppi. Certo: sempre senza scadere nell'insulto e nella calunnia: questo è il
nostro metodo, un metodo ahinoi sconosciuto ai principali dirigenti del
Pcl.
Leggiamo nei testi delle opposizioni interne al Pcl che anche contro
militanti della minoranza sono stati usati dai dirigenti del Pcl non argomenti
politici ma la vecchia arma della calunnia, delle accuse personali. Metodi usati
per decenni dagli stalinisti contro i trotskisti e indegni di chi vuole
richiamarsi al trotskismo.
Citiamo dal testo della Frazione del Pcl: "Vedendo
minacciata la propria leadership politica, la piattaforma A [la maggioranza di
Ferrando e Grisolia, ndr] ha deciso di adottare metodi antidemocratici al fine
di screditare e indebolire i militanti dell'opposizione (...) una vergognosa
campagna diffamatoria". Mentre nella fase seguente al Congresso "si sono
registrati attacchi di varia intensità ed estensione, dagli insulti ai singoli
membri della piattaforma B (...) alle intimidazioni (...) fino a un processo
disciplinare strumentale e grottesco (...). (1)
2006-2017: due situazioni quasi identiche
E'
interessante notare come la vicenda che stanno vivendo i compagni e le compagne
delle minoranze, che sono nei fatti una gran parte dei giovani e militanti più
attivi del Pcl, sembri quasi una ripetizione di quanto successe in Progetto
Comunista dieci anni fa.
Non merita qui raccontare tutta la vicenda: chi è
interessato può comunque trovare nell'archivio del nostro sito (o chiederci) i
testi di quello scontro politico. Ci limitiamo qui a ricordare (specie perché la
gran parte dei militanti della piattaforma B non hanno vissuto quell'esperienza)
che Progetto Comunista fu scosso da una dura battaglia di frazioni interne
iniziata nel 2003 e che si concluse nel 2006 con la scissione in un Congresso. A
quel Congresso la frazione diretta da Ferrando e Grisolia, trovandosi contro la
maggioranza dei militanti giovani e tutto il settore più attivo e militante,
cercò di truccare i dati congressuali ricorrendo a iscritti fantasma e a quelli
dell'ultimo minuto. Nonostante questi metodi, circa la metà di Progetto
Comunista si schierò con noi. A quel punto iniziò la campagna di
calunnie.
Esattamente le stesse cose che, a quanto leggiamo, sono successe al
recente congresso (gennaio 2017) del Pcl. Citiamo sempre dal documento della
Frazione del Pcl: "In parecchie sezioni del partito si sono verificati casi di
militanti tesserati all'ultimo momento o di militanti 'fantasma', poco o per
nulla presenti nell'attività di partito (...)." (1)
Una
significativa convergenza su molti temi
Ma le similitudini
non si limitano ai metodi impiegati dal gruppo dirigente di Ferrando e Grisolia.
La cosa più interessante è che nei documenti della piattaforma B al Congresso
del Pcl e in quelli della Frazione si sviluppano critiche al Pcl e proposte a
positivo che sono in molti casi molto simili a quelle che la nostra frazione in
Progetto Comunista prima, e il Pdac poi, hanno sostenuto. Elenchiamo i punti di
convergenza che ci sembrano più importanti.
1) O partito "di
tipo bolscevico" o partito "lasso"
La piattaforma B ha
cercato al recente Congresso di contrastare la pratica di un partito "lasso"
sostenuta dalla maggioranza dirigente del Pcl, un partito basato nei fatti sulla
indeterminatezza nella definizione dei militanti.
Si tratta della
fondamentale questione che divise più di cento anni fa bolscevichi e
menscevichi. Non una questione meramente "organizzativa" ma la premessa per
poter costruire un partito basato su quella indipendenza di classe che solo il
partito di militanti rende possibile.
A quel dibattito storico - fondante per
i leninisti odierni - noi facemmo esplicito riferimento nel 2006 e in polemiche
successive. Leggiamo che anche la piattaforma B in questi mesi e ora la Frazione
hanno usato gli stessi riferimenti storici e teorici e persino gli stessi
termini.
Citiamo dal documento della Frazione del Pcl: "La natura politica
centrista del gruppo dirigente della piattaforma A si è palesata nella
concezione espressa in sede di dibattito: un partito di quadri fortemente
centralizzato e che non apra le porte dell'organizzazione a chiunque, così come
proposto dalla piattaforma B, è stato più volte definito 'stalinista' da parte
di diversi quadri politici della piattaforma A. (...) E' stato respinto un
emendamento presentato dalla piattaforma B che prevedeva un criterio minimo di
militanza (in realtà molto lasso: almeno una presenza ogni due mesi), a ennesima
conferma del totale rigetto di una politica bolscevica da parte del gruppo
dirigente del partito." (1)
2) O centralismo
leninista o federalismo
La piattaforma B ha cercato di
contrastare al congresso del Pcl il partito costruito come una federazione di
gruppi distinti, senza omogeneità, ciascuno con una propria ideologia, un
proprio programma, persino propri riferimenti differenti (da Castro a Mao,
dall'anarchismo al marxismo, ecc.); una federazione di "tanti Pcl"
(l'espressione è della minoranza) raccolti attorno a una direzione (Ferrando e
Grisolia) non questionabile. In apparenza il partito ha un programma generale
astrattamente corretto ma che, non essendo condiviso né tantomeno praticato da
ampi settori del partito, si riduce a una sterile declamazione (i "quattro
punti" fondativi). Ogni posizione è tollerata finché non entra in contrasto con
la direzione dei due capi: a quel punto inizia il richiamo alla "disciplina" e,
spesso, la campagna denigratoria.
Tutto ciò è stato ben descritto dal testo
della Frazione del Pcl: "Questo ulteriore consolidamento del federalismo stimola
una differenziazione progressiva di programmi con interventi differenti locali,
talvolta in contraddizione gli uni con gli altri." (1)
Questo regime di
partito, come è stato giustamente denunciato, è solo una caricatura del
centralismo democratico di Lenin e Trotsky. Si tratta infatti del capovolgimento
della teoria leninista del partito, la quale prevede che, a partire dalla
condivisione di un programma fondamentale e di una concezione
politico-organizzativa, si debbano avere la più ampia discussione interna e
quindi l'unità nell'azione.
Come abbiamo già spiegato in passato in un
articolo di analisi sulla concezione ferrandiana (2) il leaderismo e il
federalismo del Pcl non sono altro che gli effetti collaterali della concezione
menscevica del partito (riprendiamo sempre espressioni impiegate dalle
opposizioni interne al Pcl). Se infatti si rinuncia a costruire il partito di
militanti d'avanguardia (sperando con una scorciatoia di crescere più
rapidamente), inevitabilmente si deve trovare un modo per far convivere
programmi diversi: ecco il federalismo. E il federalismo, cioè la rinuncia al
centralismo, inevitabilmente richiede un'altra forma che assicuri una qualche
unità del gruppo: ecco il leaderismo, che si trasforma in verticismo: si evita
di formare quadri che potrebbero mettere in discussione i due capi. L'assenza di
formazione determina poi la difficoltà ad avere quadri che intervengano nelle
lotte, scrivano articoli, facciano un giornale o una rivista, ecc. Siccome il
partito più virtuale che reale che ne risulta non può crescere, ecco la
necessità di inventarsi numeri inesistenti: i "tremila" vantati al
Manifesto qualche anno fa si sono rivelati 280 votanti al recente
congresso di cui, secondo quanto scrivono esponenti della minoranza, più di metà
sono nei fatti solo simpatizzanti chiamati al voto.
3) O partito di
lotta radicato nella classe o elettoralismo
I compagni delle
opposizioni nel Pcl hanno segnalato come le elezioni siano diventate per il Pcl
da strumento ausiliario nella costruzione del partito a momento centrale verso
cui far convergere tutto. Questo ha prodotto il sostegno "critico" (sic) a
Pisapia (candidato di Unicredit e De Benedetti) al secondo turno a Milano,
quello al candidato "arancione" della borghesia De Magistris a Napoli; la
indicazione di voto "critica" per Sel (un partito non operaio, coda del Pd),
ecc.
Questo è secondo noi il frutto di una concezione rovesciata del partito:
la presentazione elettorale diventa un fine e non un mezzo per la propaganda.
Una concezione tipica peraltro di gran parte della sinistra: incluso di alcuni
gruppi che si richiamano al "trotskismo": pensiamo ad esempio all'impressionante
deriva elettoralista del Pts e del Po argentini che hanno cominciato a mettere
in secondo piano le lotte e la costruzione di un radicamento nella classe
operaia, vedendo nell'attività dei deputati il fulcro del partito (per farsene
un'idea è sufficiente dare un'occhiata ai siti di Pts e Po), arrivando persino a
garantire, col loro voto in parlamento, l'approvazione di leggi del governo
borghese.
L'elettoralismo si accompagna poi con una pratica sindacale
subalterna alle burocrazie sindacali, in particolare a quelle della Cgil. Come è
scritto nel testo della Frazione del Pcl: "Il gruppo dirigente della piattaforma
A intende il proprio intervento come una strategia di occupazione di posizioni
nei posti dirigenti dei sindacati maggioritari." (v. note 1 e 3)
La logica
conclusione di tutto questo è ben sintetizzata sempre nel documento della
Frazione del Pcl: "(...) una progressiva sostituzione della centralità del
movimento operaio con settori interclassisti, un orientamento che ha a
fondamento l'idea astratta del 'popolo della sinistra'." (1)
4) O giornale di
partito o sua caricatura
In un partito "lasso", che non cura
la formazione dei militanti e dei quadri, diventa difficile anche fare un
giornale regolare. E' per questo (e non solo per "disorganizzazione") che il
foglio del Pcl esce a distanza di mesi e le pagine sembrano scritte solo per
riempire lo spazio disponibile e manca anche una rivista teorica degna di questo
nome.
Queste debolezze negli strumenti di propaganda e agitazione (per
Lenin l'elemento centrale del partito), che le opposizioni interne al Pcl hanno
giustamente criticato, non sono casuali ma sono la logica conseguenza di quella
concezione di partito che sopra abbiamo descritto anche a partire dai testi e
dalla esperienza diretta fatta dalle opposizioni del Pcl in questi
anni.
5) O Partito
internazionale o "nazional-trotskismo"
Per anni il Pcl ha
vantato la propria appartenenza al Crqi (Comitato per la Rifondazione della
Quarta Internazionale), una federazione internazionale lassa tra il Po
argentino, il Pcl e altri due o tre gruppi. Ferrando e Grisolia hanno presentato
a lungo questo Crqi come "la più importante organizzazione trotskista
conseguente". Questo nonostante, dopo il primo Congresso nel 2004, il Crqi non
abbia più svolto Congressi (e sono passati 13 anni!), non abbia mai avuto una
pubblicazione regolare (nemmeno su internet), né un qualsivoglia funzionamento
organizzato che non fosse qualche occasionale incontro. Il Crqi è una
organizzazione che, come sintetizza efficacemente la Frazione del Pcl, "in
quanto tale non esiste propriamente." (1)
La deriva e la crisi del Pcl sono
stati facilitati da questo isolamento nazionale che ha favorito nella pratica un
"nazional-trotskismo", cioè un internazionalismo ridotto a meri rapporti
diplomatici con altre organizzazioni, rimuovendo il senso stesso
dell'internazionalismo da Marx in poi, e cioè la costruzione contemporanea di
un'Internazionale come partito centralizzato e di sue sezioni nei diversi Paesi.
Alla fine, questa contraddizione è esplosa. Il Po di Altamira, ormai
interessato prevalentemente alle questioni elettorali argentine, dopo aver
denunciato il fallimento del Pcl ha invitato gli altri gruppi (Grecia, Turchia)
a rompere qualsiasi rapporto con "la setta avventurista del Pcl" e "la
camarilla" di Grisolia (espressioni usate da Altamira e riportate nei testi
delle opposizioni del Pcl) e a estromettere il Pcl senza nemmeno un incontro di
chiarimento.
Il documento congressuale di Ferrando e Grisolia definisce il
testo degli argentini "un documento stupido e offensivo". Certo è che la
grottesca conclusione del Crqi, con tanto di insulti reciproci, la dice lunga su
come era organizzata quella che pure Ferrando presentava come "la principale
organizzazione trotskista conseguente nel mondo". E resta il fatto che il Pcl,
che già prima era isolato internazionalmente (appunto perché il Crqi non aveva
nessuna vita reale), rimane sempre più distante da qualsivoglia contesto
internazionale organizzato. Questo non potrà che aggravare ulteriormente le sue
contraddizioni.
Contraddizioni che già risultano evidenti alla semplice
lettura del documento di maggioranza del recente congresso del Pcl (un testo di
sole poche settimane fa!) in cui si possono leggere analisi francamente
imbarazzanti sull'America Latina e sul Brasile, accompagnate da espressioni di
una profonda revisione del trotskismo.
Leggiamo nel documento di Ferrando e
Grisolia: "La crisi del ciclo nazionalista latino-americano non ha rappresentato
il sottoprodotto di un'ascesa di lotta della classe lavoratrice. E'
prevalentemente la risultante di una crisi passiva di consenso dei governi
borghesi "riformisti" (...). Questa precipitazione passiva del ciclo riformista
ha favorito una sua capitalizzazione politica a destra, a vantaggio di ambienti
politici fortemente reazionari (...) si accompagna una marcata debolezza della
coscienza politica del proletariato." E ancora: "L'attacco al governo del Pt [in
Brasile, ndr] è venuto dal versante di un'agitazione golpista".
A questa
analisi seguono le critiche alla Lit perché non avrebbe compreso "gli
insegnamenti di Trotsky" che, secondo i dirigenti del Pcl, consisterebbero sì
nell'attaccare la politica del fronte popolare ma anche nel "non separarsi dalla
dinamica di massa che il fronte popolare controlla, ma inserendosi a fondo al
suo interno e nelle sue contraddizioni."
Sembra quasi (ed è probabile che sia
così) che Ferrando e Grisolia ignorino innumerevoli testi in cui Trotsky ha
scritto esattamente il contrario di quanto loro gli attribuiscono.
Trotsky
paragonava i governi di fronte popolare (cioè di collaborazione di classe
mascherata con la borghesia) a un treno composto da varie carrozze: nella prima
siedono i partiti riformisti, convinti sostenitori del governo "delle sinistre",
coi loro ministri, nella seconda siedono i partiti che credono nel "fronte
popolare di combattimento", cioè che si tratti di stimolare il fronte popolare
con l'azione delle masse. Ma, spiegava pazientemente Trotsky, i sostenitori
diretti e indiretti del fronte popolare non sono solo questi perché c'è ahinoi
anche una terza carrozza in cui siedono talvolta alcuni pretesi "rivoluzionari".
E qui Trotsky si stava riferendo a dirigenti trotskisti (tra cui Alfonso
Leonetti e altri) che, davanti al fronte popolare nella Francia degli anni
Trenta (che peraltro, a differenza di quello brasiliano di questi anni, godeva
di un sostegno di massa) avevano la pretesa di "non separarsi dalla dinamica di
massa che il fronte popolare controlla" e per questo invocavano, per dirla con
le parole di Ferrando e Grisolia, la necessità di "inserirsi a fondo" in questa
dinamica "e nelle sue contraddizioni.", finendo con l'accodarsi... alle code del
fronte popolare che proclamavano di voler combattere.
E' esattamente quanto
fanno i dirigenti del Pcl quando riprendono l'analisi di una presunta
"agitazione golpista" che avrebbe fatto cadere il governo del Pt nel quadro di
una "precipitazione passiva" e di una conseguente "capitalizzazione politica a
destra" con le masse arretrate. Cioè quando ripetono, parola per parola, la
analisi che fa tutta la sinistra riformista mondiale: dal Psol brasiliano a
Rifondazione Comunista (e che viene ripresa anche dal PO e dal Pts argentini).
Tutta quella sinistra che ha accusato la Lit e la nostra sezione brasiliana (il
Pstu) di non aver partecipato alle manifestazioni del Pt che chiamava a
difendere il governo contro l'inesistente "golpe": una sinistra che capitola al
fronte popolare che ha fatto fare alle multinazionali i più grandi profitti
della storia del Brasile; una sinistra in cui sta non solo chi vuole difendere i
governi del Pt ma anche chi vuole "non separarsi dalla dinamica di massa".
Quanto alla lungimiranza di queste analisi dei dirigenti del Pcl, basta
ricordare che a due settimane dalla scrittura di queste analisi sulla "crisi
passiva" e sulla "marcata debolezza della coscienza politica del proletariato"
si sta preparando - in seguito a una mobilitazione oceanica in cui ha avuto un
ruolo di primo piano la sezione della Lit, il Pstu, con la Conlutas - uno
sciopero generale in Brasile; mentre un altro sciopero generale è in
preparazione in Argentina e in Cile le piazze sono riempite dalle più grandi
manifestazioni degli ultimi decenni, mentre in Paraguay è stato assaltato e
incendiato il parlamento...
Tante
energie bruciate
La crisi esplosiva generatasi al recente
congresso del Pcl non è nuova. Al contrario: è stata preceduta da decine di
altre crisi (anche se inferiori a questa), sempre per le stesse ragioni, che
hanno determinato non l'uscita di qualche militante o dirigente (cosa che è
fisiologica) ma continue rotture in polemica politica coi vertici del partito di
intere sezioni. Citando a caso: il gruppo uscito qualche anno fa da Catanzaro,
che denunciò pubblicamente "imbrogli" nel tesseramento e una deriva
elettoralistica; le sezioni calabresi che denunciarono pubblicamente un
"tesseramento gonfiato" e il numero crescente di militanti che lasciano
"disgustati dagli episodi di burocrazia", la "rinuncia all'impostazione
militante del partito" e "l'imbroglio mediatico" denunciati dalla maggioranza
dei militanti siciliani, poi usciti (e in buona parte entrati nel Pdac),
eccetera. (4)
Avendo goduto, per elementi casuali (la vicenda della mancata
candidatura di Ferrando al senato nelle liste di Rifondazione), per un lungo
periodo di una ampia visibilità mediatica, il Pcl ha attirato molti compagni in
buona fede che cercavano un partito rivoluzionario. Proprio per questo è alto il
numero degli "ex" militanti del Pcl che affollano di commenti le bacheche di
facebook, ricordando la loro esperienza in un partito di cui hanno scoperto la
reale natura che, sempre per citare il testo della Frazione del Pcl, si basa
"sull'idea di un partito non centralizzato, non di quadri, largo e federale
(...) formato attorno a un leader carismatico." (1)
Tutto ciò, aggiungiamo
noi, ha prodotto in dieci anni il bruciarsi di preziose energie, ha
demoralizzato compagni e compagne che bisogna recuperare. Così come bisogna
evitare ad altri militanti in buona fede di ritrovarsi a breve nella stessa
situazione.
Un
pregiudizio da superare
Abbiamo letto, tanto nei testi
ufficiali della piattaforma B, così come nel documento della Frazione
recentemente costituitasi nel Pcl, giudizi spesso liquidatori del Pdac e della
Lit. Ma non ci sentiamo offesi da questi giudizi perché immaginiamo che siano il
frutto non di una reale conoscenza del nostro partito ma di anni di calunnie con
cui il gruppo dirigente del Pcl ha bombardato il Pdac (perché lo vede come il
principale avversario).
Anche rispetto alla Lit, crediamo che il giudizio
espresso dalle opposizioni interne e in particolare dalla Frazione sia il frutto
di una mancata conoscenza della realtà di questa Internazionale ma soprattutto
di anni di calunnie che sono state seminate dal Pcl o di attribuzioni prive di
riscontro con la realtà fatte da correnti come la Ft (cioè il Pts argentino e il
piccolo gruppo di satelliti che vi gravitano attorno) che mascherano dietro gli
attacchi alla Lit e una presunta "ortodossia" una sempre più marcata deriva
opportunista.
Pensiamo che i compagni delle opposizioni interne debbano
conoscere meglio il Pdac, la sua struttura di quadri che spiega il suo
funzionamento efficace e democratico e che ha consentito negli anni di costruire
un partito certamente ancora piccolo (peraltro della stessa taglia del Pcl) ma
con un primo radicamento e basato su quadri formati e realmente militanti.
Pensiamo soprattutto che i compagni delle opposizioni del Pcl debbano conoscere
meglio la Lit per quello che è: la organizzazione trotskista internazionale più
dinamica e diffusa nel mondo, con la presenza in oltre 30 Paesi nei quattro
continenti; con il peso importante del Pstu brasiliano, di gran lunga il partito
trotskista più radicato nella classe operaia: come dimostra il ruolo di
direzione di un sindacato come la Conlutas, coi suoi milioni di iscritti, ma
soprattutto come dimostra il ruolo di avanguardia che proprio in questi mesi il
nostro partito gemello sta svolgendo in una situazione pre-rivoluzionaria come
quella del Brasile.
Uscire
dal Pcl per entrare nella FT-Pst?
E' prevedibile che la
dinamica che si è innescata nel Pcl e le differenze strategiche portino a breve
a una nuova rottura di quel partito. Rottura peraltro preannunciata dalla stessa
risposta livorosa (e densa di sofismi) della "componente di maggioranza della
segreteria" alla Frazione recentemente costituitasi, risposta (pubblicata sul
sito web del Pcl insieme alle due piattaforme di Frazione e Tendenza) in cui già
si annuncia che a breve il Comitato centrale del partito dovrà "verificare il
significato politico" del testo della Frazione che include la "prefigurazione
antistatutaria di una frazione pubblica", evidentemente per dichiarare
"illegittima" la Frazione e procedere di conseguenza.
E' altrettanto chiaro
che i compagni e le compagne della Frazione (ma in realtà anche quelli della
Tendenza) stanno guardando con un certo interesse alla Frazione Trotskista, cioè
al gruppo internazionale costruito attorno al Pts argentino. Vi è in questo
guardare alle esperienze internazionali un elemento molto positivo e di evidente
rottura col "nazional-trotskismo" del gruppo dirigente del Pcl.
Ma i compagni
della Frazione sostengono nel loro testo costitutivo che la Ft-Pts sarebbe oggi
nei fatti l'unica corrente internazionalista coerentemente trotskista mentre
addebitano alla Lit una presunta capitolazione a un imprecisato
revisionismo.
Vogliamo chiedere ai compagni della Frazione che hanno
elaborato quel testo: siete sicuri che le cose stiano realmente così? Perché non
argomentate neppure una sola critica concreta all'attuale programma e attuazione
della Lit, mentre vi limitate ad attribuire alla Lit delle critiche generiche
fatte dalla Ft negli anni Novanta? Il confronto tra organizzazioni non dovrebbe
essere fatto sulle posizioni programmatiche, politiche e teoriche che ciascuno
esprime realmente? E ancora: siete consapevoli del fatto che la Ft, dopo aver
fatto alcune critiche "da sinistra" (in realtà deformazioni ultra-sinistre) alla
Lit, venti anni fa, in questi ultimi anni in particolare ha conosciuto una
impressionante deriva a destra specialmente sulla questione del parlamentarismo?
Avete studiato le posizioni della Ft in merito alla questione dello Stato e
dell'uso rivoluzionario del parlamentarismo? Vi sembra che corrispondano a
quelle classiche del leninismo? Avete studiato la posizione che la Ft e la sua
sezione (Mrt) hanno assunto in Brasile di fronte alla crisi del fronte popolare,
di sostanziale accodamento al Psol e al "fronte ampio" che Lula sta cercando di
costruire per le elezioni del 2018?
Con tutta franchezza diciamo ai compagni
della Frazione del Pcl: non pensate che, prima di rompere (correttamente) da
quel partito per finire con l'avviare la costruzione di un partito legato alla
Ft sarebbe opportuno un confronto almeno con le forze che - secondo la
piattaforma che avete presentato al Congresso - rivendicano "organicamente il
programma della Quarta Internazionale" e che (citiamo sempre dal vostro
documento) sarebbero rappresentate in Italia solo dal Pdac? E, al contempo, non
dovreste approfondire e dibattere le critiche che abbiamo avanzato alla Ft, per
evitare di uscire dal Pcl e ritrovarvi in una organizzazione che su vari temi lo
sta scavalcando a destra?
Per parte nostra siamo pienamente disponibili a un
confronto che venga fatto non su attribuzioni (peraltro falsate) prodotte dalla
Ft o da altri qualche decennio fa, ma sulla base dei documenti dell'ultimo
Congresso della Lit (XII Congresso, 2016) e sulla pratica concreta della nostra
Internazionale e delle sue sezioni, sui grandi fatti della lotta di classe
presenti, a partire da quanto sta accadendo in Brasile (situazione
pre-rivoluzionaria) e in altre parti del mondo.
Il
confronto e l'unità si fanno sul programma
Per parte nostra
siamo convinti infatti che la costruzione dei partiti rivoluzionari e
dell'Internazionale sia un processo. Né la Lit né il Pdac si considerano il
partito internazionale e nazionale che manca e che è necessario. Non sarà con la
crescita molecolare di questo o quel partito che si potrà porre soluzione alla
crisi storica dell'umanità che, con Trotsky, riteniamo equivalere alla "crisi
della direzione rivoluzionaria". La costruzione dell'Internazionale e dei
partiti potrà essere solo il risultato di un processo di scissioni e fusioni.
Non in nome, chiaramente, di una astratta "unità dei comunisti" o di una "unità
dei trotskisti": se non si è d'accordo sugli elementi fondamentali del
programma, sulla concezione del partito d'avanguardia di tipo bolscevico, sulla
necessità di costruire da subito, in parallelo col lavoro nazionale, una
Internazionale centralizzata, non ha senso parlare di "unità". Per realizzare
l'unità l'unico metodo corretto è, secondo noi, quello del confronto
programmatico e politico. La comunanza che vediamo su elementi di primaria
importanza del programma, della politica e della concezione del partito di tipo
bolscevico, ci inducono a invitare i compagni della Frazione del Pcl, ma più in
generale l'insieme delle opposizioni interne, a un confronto serrato per
approfondire la reciproca conoscenza, al netto delle calunnie che sono state
usate contro di loro così come contro di noi.
Nelle scorse settimane avevamo
formulato questo invito con una lettera ai firmatari della Piattaforma B. Oggi,
tanto più dopo la lettura dei testi della neo-nata Frazione del Pcl, ribadiamo
la proposta anche pubblicamente.
E' un dovere, crediamo, delle forze che
vogliono costruire un partito realmente trotskista quello di confrontarsi in
primo luogo tra loro: specie prima di pensare di cercare di costruire un
ulteriore partito: scelta quest'ultima che avrebbe senso solo laddove risultasse
una incompatibilità programmatica con un partito, come è il Pdac, in costruzione
da anni, composto da decine di quadri; solo laddove risultasse una
incompatibilità programmatica con una Internazionale, come è la Lit, che è nei
fatti la principale forza (per estensione nel mondo e radicamento nella classe
operaia) che si pone sul terreno del trotskismo conseguente.
Non si tratta di
trovare una sintesi sulle idee di questo o quel gruppo, ma di basarsi sugli
elementi essenziali che condussero cento anni fa, nel 1917, alla vittoria
bolscevica: l'indipendenza di classe dalla borghesia e dai suoi governi, la
costruzione di un partito radicato nella classe operaia, un partito di lotta
(per cui la partecipazione elettorale è solo un elemento secondario per
sviluppare propaganda), un partito che cerca di portare nelle lotte quotidiane
il socialismo, che si batte contro le burocrazie sindacali per costruire l'unità
di lotta della classe, un partito internazionalista, cioè attivamente partecipe
della costruzione dell'internazionale rivoluzionaria centralizzata.
Per parte nostra c'è la massima
disponibilità e, come detto all'inizio, allarghiamo questo invito al confronto
programmatico e politico non solo ai compagni delle opposizioni interne che sono
ancora al momento nel Pcl ma anche a quelli che invece già hanno deciso in tempi
più o meno recenti di uscirne e non vogliono rinunciare alla lotta
rivoluzionaria.
Note
(1) Sul sito del Pcl sono
disponibili i testi pubblici della Frazione e della Tendenza che si sono
costituite in opposizione alla linea del Pcl. Il link è il seguente:
www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=5447
In questa nostra lettera aperta ogni citazione del testo della
Frazione del Pcl è indicato con un rimando a questa nota 1 e dunque al link qui
sopra al testo completo.
(2) Tremila militanti era il numero dichiarato da
Ferrando al Manifesto il 23 dicembre 2007. Due settimane prima, in
un'altra intervista, faceva il numero di 2000 militanti. I testi interni del
primo congresso (2007) ammettono "150 militanti"; quelli del secondo Congresso
(pubblicati da settori poi usciti) davano un conto di 400; quelli di questo
ultimo congresso (2017) di 280 partecipanti al voto, di cui un'ampia fetta,
secondo la Frazione, è composta da iscritti che non fanno alcuna militanza,
motivo per cui secondo la Frazione ci sono "seri dubbi sulla validità del
Congresso".
(3) Anche in questo caso la critica espressa dalla Frazione del
Pcl collima con quanto da noi denunciato, ad esempio nell'articolo reperibile al
link indicato di seguito, nel quale recentemente abbiamo descritto le operazioni
burocratiche promosse nell'area di sinistra della Cgil dai dirigenti del
Pcl: www.alternativacomunista.it/content/view/2362/78/. (ma lo stesso si potrebbe dire anche di quanto è stato fatto
in altri sindacati).
(4) Per riferimenti e link ai testi cui si accenna qui,
rimandiamo al nostro "Ecco dove conduce la logica del menscevismo", reperibile a
questo link www.alternativacomunista.it/content/view/1708/47/
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